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Dialoghi di Scienza: Un Viaggio alla Scoperta delle Meraviglie Scientifiche

Per chi già ci conosce sa che al cuore della missione di Ecothema c’è da sempre la passione per la divulgazione scientifica, l’educazione ambientale e la didattica museale. Perciò siamo felici di annunciare il lancio del nostro nuovo ciclo di attività divulgative: “Dialoghi di Scienza”. Si tratta di cinque incontri che inizieranno mercoledì 29 novembre 2023 per concludersi mercoledì 27 marzo 2024 e che avranno luogo presso il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste in via dei Tominz 4. Sono un invito aperto a tutti per esplorare e comprendere meglio il mondo affascinante della scienza e restare aggiornati sulle scoperte più recenti. 
La scienza non è solo una materia di studio; è una finestra sul mondo, un modo per capire la vita, l’universo e tutto ciò che ci circonda. “Dialoghi di Scienza” nasce dalla volontà di Ecothema di rendere la scienza accessibile e coinvolgente per tutti, indipendentemente dall’età o dal bagaglio culturale. Intendiamo sfidare le percezioni comuni e stimolare curiosità e meraviglia verso gli argomenti scientifici. 

Il calendario degli appuntamenti

Gli appuntamenti

Per ciascun incontro, abbiamo coinvolto esperti nei rispettivi campi – paleontologi, biologi, antropologi – per guidare il pubblico in questi viaggi di scoperta. Ad ogni evento abbiamo abbinato una visita guidata nelle sale espositive del Museo di Storia Naturale, permettendo così un apprendimento vivace e coinvolgente.  Crediamo fermamente che la conoscenza sia un bene prezioso e che la divulgazione scientifica sia essenziale per una società più consapevole e informata. 

Gli argomenti trattati spaziano dalle origini dell’uomo, compiendo un viaggio, assieme al biologo Marco Paparot, attraverso le più recenti scoperte nel campo della paleoantropologia, con interesse specifico alle nuove teorie che hanno rivoluzionato la nostra comprensione di questo tema, alle affascinanti farfalle, grazie all’incontro con il giornalista scientifico Eugenio Melotti che sensibilizzerà sulla salvaguardia degli insetti, spesso trascurati nelle discussioni ambientali, e dedicherà un focus ai lepidotteri e al loro ruolo nell’ecosistema. Sempre Marco Paparot ci parlerà di evoluzione delle specie esplorando le idee e i fraintendimenti comuni sull’evoluzione per selezione naturale, con una riflessione sulle moderne interpretazioni scientifiche del concetto. Ci sarà un approfondimento sull’ uomo di Neanderthal con l’antropologa Alice Testa, con la quale si analizzerà la vita di questa affascinante specie umana e il suo rapporto con l’Homo sapiens, andando a contestualizzare e chiarire i concetti spesso fraintesi e discutendo sui più recenti ritrovamenti fossili e reperti di DNA. Il ciclo di incontri si concluderà con il geologo Kevin Milocco che parlerà del coccodrillo preistorico Acynodon, un fossile eccezionale del Villaggio del Pescatore e spesso oscurato dalla fama dei dinosauri. Si esploreranno le sue caratteristiche uniche e il suo ruolo nell’ecosistema del Cretaceo. 

Ogni appuntamento prevede una presentazione nella sala incontri e una visita guidata agli spazi espositivi del Museo di Storia Naturale attinenti al tema trattato, per rendere l’esperienza il più possibile immersiva e formativa. 

Per informazioni e prenotazioni:
E-mail: ecothema@gmail.com 
Tel.: +39 320 2753277 (Marco Paparot) | +39 339 4580197 (Dorian Lorenzutti) 

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Innovazione e Sinergia al centro dell’Eureka Day 2023

Giornata entusiasmante, ricca di spunti, idee, incontri speciali e future collaborazioni.

Ecco come, in sintesi, possiamo definire venerdì 13 ottobre a Villa Manin di Passariano sede per un giorno di Eureka Day 2023, momento di confronto e incontri B2B, promosso dalla Direzione Cultura e Sport della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e al quale, noi di Ecothema, eravamo presenti.

Il convegno “Cultura e Creatività 4.0” ha occupato la prima parte della giornata. L’evento ha evidenziato l’importanza della democratizzazione dell’accesso ai contenuti culturali. La narrazione digitale e l’uso della tecnologia sono stati identificati come catalizzatori per rendere la cultura più accessibile e coinvolgente, soprattutto in un’era dove il “phygital” – la fusione tra esperienze fisiche e digitali – sta guadagnando sempre più terreno. Questo approccio non solo rinvigorisce la fruizione dei monumenti storici e delle esperienze culturali, ma mette in luce anche l’importanza delle relazioni umane nella creazione di un’esperienza culturale ricca e multi-sfaccettata.
L’Eureka Day ha esplorato quindi nuove forme di consumo della cultura e ha messo l’accento sulle esperienze immateriali e sulla tutela della proprietà intellettuale. È stato poi rilevato come la modalità di lavoro vincente non sia quella che segue un modello gerarchico, bensì quella che abbraccia il modello della coprogettazione, una strategia che incoraggia la partecipazione attiva e la collaborazione tra gli stakeholder coinvolti. L’intersezione tra turismo e cultura è stata un’altra area di riflessione. La sostenibilità è stata un argomento di discussione cruciale, con un focus particolare sulla sostenibilità sociale, culturale ed economica. In un mondo in rapida evoluzione, l’adattabilità e la consapevolezza sociale sono essenziali.

La sessione B2B

Il Vicegovernatore e Assessore alla Cultura, Mario Anzil, intervenuto all’evento, ha riconosciuto e sottolineato il forte impegno della Regione FVG nell’incentivare lo sviluppo delle iniziative culturali. L’aumento delle risorse finanziarie destinate a questo settore evidenzia il desiderio di promuovere un rinnovamento culturale e creativo. Secondo Anzil, è essenziale utilizzare queste risorse in modo efficace, supportando la nascita e il rafforzamento delle imprese culturali e creative. Riflettendo sulla ricca storia pluriculturale della regione, il Vicegovernatore ha sottolineato l’importanza di una visione condivisa, arricchita da diverse voci e opinioni. Questa visione è ancor più significativa alla luce della futura esperienza di Nova Gorica e Gorizia come capitali europee della cultura nel 2025 e della candidatura di Pordenone come capitale italiana della cultura nel 2027. Il Friuli-Venezia Giulia, quindi, non è solo un partecipante nel campo della cultura ma aspira a diventare un leader riconosciuto e rispettato a livello internazionale.

Nel pomeriggio hanno avuto luogo gli incontri B2B, ideati per favorire la conoscenza e lo scambio tra imprese culturali e creative e imprese tradizionali. Più di 100 le realtà registrate e protagoniste degli oltre 400 incontri programmati. Questa intensa attività ha confermato il ruolo dell’Eureka Day non solo come un evento di networking, ma anche come un incubatore di idee innovative e una preziosa occasione per future collaborazioni strategiche con una visione condivisa.

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Museo del Mare, ala Nord: una gemma nel Porto Vecchio di Trieste

Trieste ha aperto le porte dell’ala Nord del Museo del Mare – un affascinante spazio nel cuore del Porto Vecchio e ubicato nello storico Magazzino 26 – il 3 ottobre 2023 segnando un importante momento nella storia culturale della città.

Ingresso del Museo del Mare

La genesi del Museo si radica nell’idea del 2017 di creare un Polo Museale nel Porto Vecchio, costituito da tre edifici storici: la Sottostazione elettrica, la Centrale idrodinamica e il Magazzino 26. Un’intesa tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, il Comune di Trieste e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale ha reso possibile la visione di “Porto Vivo Trieste”, un audace progetto di riqualificazione urbana.

Nel 2018, il Magazzino 26 è stato selezionato come sede ideale per il Museo del Mare. La struttura, vasta e storica, ha subito una metamorfosi. La parte museale dell’ala Nord, si propone come anticipazione temporanea del Grande Museo del Mare che andrà ad occupare l’ala Sud destinata a un progetto dello Studio dell’architetto Guillermo Vázquez Consuegra. L’ala Nord del Magazzino 26, fin dal 2020 è stata convertita in uno spazio museale ed espositivo. Essa ospita ora l’Immaginario Scientifico, il “Deposito a vista” sul Lloyd austriaco e triestino, il “Magazzino 18”, e naturalmente il Museo del Mare al terzo piano.
Il design interno riflette un’idea di “Depositi Accessibili”, trasformando lo spazio museale in un vivace laboratorio/backstage. Il layout invita i visitatori a intraprendere un viaggio di scoperta: dallo spazio introduttivo, all’area deposito e laboratoriale, fino all’area espositiva. Quest’ultima organizzata con contenitori per opere d’arte, configurabili per vari scopi.

Il Museo del Mare, originariamente fondato nel 1904, dopo la chiusura della sua sede di Campo Marzio nel 2019, rende quindi ora visibili le proprie preziose collezioni al Magazzino 26. La storia marittima di Trieste è raccontata attraverso modelli di navi, strumenti di navigazione, filmati e fotografie. La ricchezza del Museo è anche evidenziata dalle donazioni private, che contribuiscono a narrare storie di famiglie e patrimoni.

Il Museo propone vari servizi, tra cui un’offerta didattica, infografiche e video illustrativi, nonché una biblioteca specializzata. In occasione della “Barcolana 55”, il Museo aprirà le sue porte in via straordinaria dal 4 all’8 ottobre, con orario dalle 10.00 alle 19.00.
Tra le altre iniziative previste per il mese di ottobre, segnaliamo:

  • giovedì 19 ottobre alle ore 17.30 – Presentazione del volume di apertura della collana editoriale del Museo, “Trieste e le sue navi sotto il cielo di Timmel” di Sergio Vatta, presso la sala Luttazzi;
  • sabato 28 ottobre alle ore 14.45 – Partecipazione all’iniziativa dei Musei Scientifici di Trieste “Passeggiando si impara” con l’incontro “In cerca di un approdo. Le rive di Trieste raccontano”.

L’apertura del Museo del Mare, ala Nord, nel Porto Vecchio di Trieste è dunque una testimonianza del profondo legame della città con il mare e della sua continua evoluzione come centro culturale. Come hanno ribadito il Sindaco Roberto Dipiazza e l’Assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo Giorgio Rossi durante la conferenza stampa di presentazione, il Museo del Mare promette di essere una destinazione ricca di attrattiva e imperdibile per residenti e turisti.

👉 Per informazioni aggiornate sul Museo del Mare, cliccare qui

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Civici Musei Scientifici di Trieste

Riprendono le attività presso i Civici Musei Scientifici di Trieste!

Siamo felici di annunciare che riprendiamo le nostre attività presso i Civici Musei Scientifici di Trieste. Dopo la pausa estiva, siamo pronti a tornare e a condividere con voi tutte le novità e le iniziative dedicate agli istituti scolastici e al pubblico in generale.

Open Day per gli Insegnanti – Presentazione dell’Offerta Educativa

Sabato 23 settembre 2023 alle ore 11.00 presso l’Auditorium “Marco Sofianopulo” del Museo Revoltella (Via Diaz 27 – Trieste), avrà luogo la presentazione delle attività didattiche, educative e di divulgazione culturale e scientifica dei Civici Musei del Comune di Trieste.

Interverranno l’Amministrazione Comunale e i rappresentanti di ADMaiora srl, concessionari dei servizi per i Civici Musei Storici e Artistici e noi di Ecothema Soc. Coop., concessionari dei servizi per i Civici Musei Scientifici.

In questa occasione verrà illustrato il ventaglio di offerte educative pensate, in particolare, per le attività rivolte alle scuole di ogni ordine e grado.

I nostri team, rispettivamente di ADmaiora e di Ecothema,  saranno lì per rispondere a tutte le vostre domande e per darvi un’anteprima di ciò che abbiamo pianificato per i prossimi mesi.

Per partecipare all’incontro è necessario iscriversi compilando il modulo online disponibile cliccando sul bottone qui sotto

Per ricevere maggiori informazioni ed effettuare prenotazioni di attività didattiche, educative e di divulgazione scientifica presso i Civici Musei Scientifici di Trieste, potete contattarci telefonicamente al numero (+39) 320 2753277 o via posta elettronica all’indirizzo ecothema@gmail.com 

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Recensione: L’albero intricato, di David Quammen

Le intuizioni inaspettate hanno rimodellato in maniera radicale quel che pensiamo di sapere sulla storia della vita e sulle componenti funzionali degli esseri viventi, compresi noi stessi.” (David Quammen, L’albero intricato)

L’Albero Intricato” è un libro di David Quammen, tradotto e pubblicato in Italia a cura di Adelphi edizioni.

L’argomento principale del testo riguarda la forma concettuale con cui immaginiamo l’evoluzione della vita.

La grande intuizione di Darwin fu di concepire l’evolversi delle specie non come una situazione statica, nè come cammino lineare, ma con una forma ramificata, un “cespuglio” della vita fatto di biforcazioni che corrispondono alla continua nascita di nuove specie nel tempo, e anche all’estinzione di altre.

Risultato immagini per darwin tree of life

Se l’idea di Darwin fu rivoluzionaria e pionieristica nello studio dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta, è ovvio però che nuove scoperte e nuovi paradigmi scientifici non possono che portare a una ridefinizione del nostro modo di concepirla.

Un’evoluzione del modo di concepire l’evoluzione, dunque: con una scelta molto interessante, Quammen sceglie di parlare di questo rinnovamento tramite le vite di scienziati e ricercatori che esplorarono questo campo, portando ciascuno il proprio apporto e i cambiamenti corrispondenti.

Il protagonista principale, forse, è Carl Woese, biologo statunitense noto per aver scoperto un nuovo dominio della vita: gli Archea, organismi unicellulari con caratteristiche uniche, che nell’ottica di Woese erano vicini all’origine stessa della vita.

Ma la forza del libro è di essere una polifonia, un racconto corale che ridefinisce costantemente il campo di studi, che è la vita stessa. Il testo racconta ad esempio di Lynn Margulis, scienziata americana che studiò il fenomeno dell’endosimbiosi; oppure di Ford Doolittle, che studiò il trasferimento genico orizzontale.

Proprio il trasferimento genico orizzontale è il fenomeno che più ha stravolto il modo con cui la scienza concepisce l’evoluzione, e come tale trova ampia risonanza all’interno del libro. Gli organismi non mutano soltanto per linea “verticale”, mutando casualmente il proprio corredo genetico e passandolo alla discendenza; ma c’è un interscambio genetico anche fra specie diverse. Tramite virus e batteri, intere porzioni del DNA passano da una creatura all’altra: da piante a batteri, da questi batteri agli animali, e persino all’essere umano.

L’albero dell’evoluzione, dunque, non è semplicemente ramificato come lo concepiva Darwin, ma è piuttosto un complesso reticolo: forse più simile a una spugna che a un albero.
Si tratta di un cambiamento di concezione che non è facile accettare: una volta che stabiliamo una nostra visione consolidata su un argomento, è difficile stravolgerla e accettarne una nuova. Proprio in questo sta la scelta vincente di Quammen: raccontare questo cambiamento attraverso le vite degli scienziati che l’hanno studiato, ci permette di capire che ognuno porta un proprio cambiamento, ma è anche attaccato alla propria visione, e non accetta di buon grado ulteriori novità.

Oltre all’interessantissimo tema che tratta, dunque, il pregio de “L’albero intricato” è di essere un’inno alla continua ricerca, alla capacità della scienza di mettersi sempre in discussione, anche di abbandonare teorie comprovate e sicure qualora nuove scoperte o nuove intuizioni indichino una via che può portare a conoscenze ancora da svelare.

(Recensione a cura di Gaia Zanin)

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Recensione: Il tempo dei lupi, di Riccardo Rao

Galoppa selvaggia, la paura del lupo per noi, che siamo legati al mondo della natura da un filo ormai esile” (Riccardo Rao, Il tempo dei lupi)

Negli ultimi decenni, la popolazione di lupi nei paesi europei sta tornando ad ampliarsi, dopo aver sfiorato l’estinzione a causa dell’accanita caccia che l’uomo gli ha opposto.
Se gli studiosi naturalisti e i simpatizzanti animalisti se ne rallegrano, c’è anche chi non vede di buon occhio questo ritorno. Allevatori, specialmente di pecore, che vedono minacciato il proprio gregge; cacciatori che temono la competizione di questo formidabile predatore; ma anche la gente comune, preda di un retaggio culturale che ha dipinto il lupo come un mostro quasi diabolico, il nemico fiabesco per antonomasia.

Il tempo dei lupi” è un libro recentemente edito da Utet e scritto da Riccardo Rao, professore di Storia Medievale presso l’Università di Bergamo. L’autore svolge una approfondita ricerca storica sul rapporto, anche immaginale, fra il lupo e l’uomo, tracciandone lo sviluppo attraverso i secoli, e cercando la radice della paura che proviamo verso questo animale. Una paura che spesso si dice atavica, ma che come Rao dimostra è di fatto culturale, nata in tempi relativamente recenti ed alimentata da una specifica concezione del mondo che si è imposta sulla nostra società.

L’origine della oscura fama del lupo è da ricercarsi nell’impianto allegorico dei Vangeli: alla figura della pecora e del gregge, corrispondenti al fedele e alla comunità, si contrapponeva appunto la minaccia lupina, che incarnava le passioni e i peccati – come la lussuria, la gola, l’avidità e l’ira – ma anche l’eresia. Col passare del tempo, la parte metaforica è scivolata in un letteralismo che ha portato a individuare il lupo in carne ed ossa come una minaccia per l’intera civiltà: un pericolo da eliminare ad ogni costo.

L’autore riesce nel delicato compito di coniugare l’esattezza biologica con la complessità del divenire storico. Intanto perchè la società cambia: nel corso del Medioevo si è andata via via affermando un’economia sempre più basata sull’allevamento ovino, ed è chiaro che ciò ha aumentato l’incompatibilità del lupo con gli affari umani. Ma anche il paesaggio cambia: l’avanzata della civiltà corrisponde alla distruzione del bosco, l’habitat d’elezione del lupo. Ciò significa minor spazio e minor fonte di cibo per questo predatore, che si trova così costretto a tentare la sorte e avvicinarsi alle attività umane. E’ anche a causa dell’abbattimento delle grandi foreste, infatti, se il lupo è stato portato a predare animali allevati dall’uomo, e occasionalmente anche attaccare i giovani pastori che li accudivano.
Questo dimostra che anche il lupo, in fin dei conti, cambia con il passare dei secoli: il lupo, secondo Rao, è un animale “culturale”, proprio perchè ha la capacità di adattarsi e modificare il suo comportamento alle circostanze. Un lupo del VI secolo non è lo stesso di un lupo del 2020.
L’idea che un animale possa cambiare nel corso della storia è importante nello studio dell’ecologia e nella ricerca di una convivenza fra l’uomo e la parte più selvatica della natura; un concetto che spesso non trova la giusta risonanza.

Un altro merito del libro è l’approfondita disamina sul ruolo del lupo nel folklore: da Cappuccetto Rosso al lupo di Gubbio, fino a episodi più recenti come quello della bestia di Gévaudan, e della belva che terrorizzò Milano nel 1792. Straordinario, per l’intensità che comunica, è poi il capitolo su Ana Maria, la “pastora di lupi” delle Asturie.
Non si tratta di una ricerca confinata al passato: le idee sottostanti a queste narrazioni folkloriche, tutto sommato, si trovano espresse ancora nei nostri giorni, nelle reazioni popolari e nelle leggende metropolitane collegate all’odierno ritorno dei lupi.
Mai come in questo caso, lo studio della storia è di estrema importanza per comprendere l’attualità.

(Recensione a cura di Gaia Zanin e Francesco Boer)

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Recensione: Storia ed Evoluzione, di Edmund Russell

Abbiamo incoraggiato l’evoluzione di altre specie, le quali a loro volta hanno determinato le sorti della nostra vita“. (Edmund Russel, Storia ed Evoluzione)

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Storia ed Evoluzione è un libro di Edmund Russell, recentemente pubblicato da Bollati Boringhieri.

Lo scopo dichiarato di questo libro è di gettare un ponte fra lo studio scientifico dell’evoluzione e l’approccio umanistico alla storia umana. I due aspetti, infatti, non sono così separati come si ritiene, ma al contrario c’è una fitta rete di relazioni fra i due, che porta a una reciproca influenza sia sulle vicende della società umana, che sull’ambiente in cui viviamo.

L’essere umano gioca un ruolo importante nell’evoluzione delle specie. Un ruolo che a volte è deliberato, mentre in altri casi è inconsapevole.
E’ noto l’esempio della selezione artificiale, che in agricoltura e negli allevamenti ha portato alla modificazione anche considerevole delle caratteristiche di una specie.
Ma non sempre le cose vanno come pianificato. Anzi, a volte l’intervento umano porta a risultati opposti rispetto all’intenzione originaria. Russell porta l’esempio degli elefanti: il bracconaggio per ottenere l’avorio ha favorito l’emergere in sempre maggior numero di individui privi di zanne. Questi infatti non vengono cacciati, e dunque sopravvivono e hanno una maggior probabilità di avere una discendenza con il medesimo carattere.
Una simile dinamica ci tocca molto da vicino per quanto riguarda il controllo di insetti nocivi e batteri: il crescente utilizzo di insetticidi e antibiotici porta alla comparsa di popolazioni sempre più resistenti, ponendo una sfida difficile, una continua rincorsa che non è semplice mantenere.

Non è soltanto l’essere umano a influenzare l’evoluzione delle altre specie; vale anche l’opposto. La modificazione di specie vegetali e animali porta per forza di cose a nuovi sviluppi nella tecnica e di conseguenza nella civiltà e negli usi.
La storia del cotone viene presentata nel testo come emblematica rispetto a questa reciprocità. La selezione artificiale ha portato alla comparsa di varietà di cotone con fibre notevolmente più lunghe rispetto a quelle spontanee. Ciò ha permesso lo sviluppo di macchinari industriali, che invece non funzionavano adeguatamente con fibre di misura ridotta. Questo ha portato dunque a un balzo in avanti nella rivoluzione industriale: ecco come l’intervento umano e l’evoluzione delle specie vengano a formare un circolo retroattivo, influenzandosi e alimentandosi a vicenda.

A chiusura del libro, l’autore riporta una serie di tabelle che indicano diverse forze sociali che hanno plasmato l’evoluzione, e le forze evolutive che hanno influenzato la storia umana. L’augurio di Russell – che ci sentiamo di condividere – chiude degnamente un libro al tempo stesso innovativo, preciso e comprensibile:
La storia ci aiuta a comprendere la complessità umana; la biologia evoluzionistica ci aiuta a capire il modo in cui le popolazioni di organismi coevolvono; insieme, la sintesi di storia e di biologia ci permette di decodificare il mondo intorno a noi meglio di quanto questi due campi non possano fare da soli“.

(Recensione a cura di Gaia Zanin)

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La metamorfosi della sfinge

Il giardino di casa nostra potrà anche avere un aspetto incolto, ma se lo lasciamo così è perchè vogliamo lasciargli il suo equilibrio spontaneo. Tagliando l’erba ogni settimana, si toglie lo spazio in cui vivono insetti, rospi e altri piccoli animali.

E’ così che una mattina di agosto abbiamo incontrato fra l’erba questo simpatico bruchetto:

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Si tratta di un bruco della sfinge dell’euforbia (Hyles euphorbiae). Da adulto diventa una splendida falena, ma qui è ancora allo stadio larvale.
Il suo nome deriva proprio dall’abitudine di mangiare l’euforbia. I suoi splendenti colori servono per allontanare eventuali predatori: il pattern di rosso/bianco/nero è infatti un segnale diffuso di pericolosità. Serve a preavvisare: non mangiatemi, perchè sono velenoso, pericoloso, o perlomeno indigesto. C’è da dire che alcuni animali barano, e usano questo segnale anche se effettivamente sono innocui e appetitosi: una strategia chiamata “mimetismo batesiano”. Ma nel caso del nostro bruco, si tratta di un messaggio onesto: l’euforbia di cui si nutre ha un lattice caustico, e perciò anche la larva prende un sapore non certo piacevole.
Il corno sul sedere del bruco, invece, è una piccola bugia: non è veramente un aculeo, non ha veleno nè è in grado di ferire; ma serve ugualmente a scoraggiare altri animali malintenzionati. Inoltre, a causa del corno, capita che i predatori più ostinati scambino quello che in realtà è il termine del corpo per una testa: così attaccano in quella zona, causando meno danni di quanti ne farebbero colpendo il capo.

Abbiamo deciso di raccogliere il bruco, e di tenerlo in un terrario per poterlo osservare nella fase che precede alla metamorfosi. Allevarli non è difficile: basta lasciare a loro disposizione abbondanti rametti di euforbia. Le piante devono essere sempre fresche; e attenzione, perchè l’appetito di questi bruchi è davvero massiccio!
Inoltre è necessario che ci sia un po’ di terra: a differenza delle altre farfalle, che formano il bozzolo direttamente sul ramo di una pianta, le sfingi scavano nel terreno, e lì si impupano.

Il nostro bruco ha mangiato a quattro palmenti, ma dopo alcuni giorni non si è più visto: era sceso sottoterra, per prepararsi alla metamorfosi. E dopo meno di una settimana, dalla terra è uscita una splendida falena, con un elegante contrasto di verdi scuri i e rosa pallidi.

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Naturalmente, abbiamo scelto di liberarla, facendola volare nel nostro giardino. Ma prima di spiccare il volo, è necessario scaldare i motori!

La sfinge deve agitare le ali per asciugarle, e anche per scaldare il corpo. Dopo alcuni minuti, finalmente si parte: la falena ci svolazza attorno, come per salutarci, e poi parte, fino a scomparire all’orizzonte. Chissà, forse tornerà per deporre le uova, e anche il prossimo anno troveremo i suoi bruchi fra l’erba del giardino!

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Ecothema ed Esplora Carso nella foresta di Tarnova

Sabato 8 agosto abbiamo organizzato un’escursione “in gemellaggio” assieme alle bravissime guide di Esplora Carso, nella foresta di Tarnova.
Il punto di ritrovo era a Gorizia, alle prime ore del mattino. Già a quell’ora la temperatura iniziava a essere molto calda… ma per fortuna basta mezz’ora di macchina, e si arriva in questa foresta freschissima.

Foto by Gaia Zanin – Ecothema

Dopo un giro di presentazioni, è il momento di partire. Il cammino è facile, su una strada sterrata con pendenze leggerissime. Ci si inoltra nella foresta di abeti e di faggi: la quiete del bosco ci avvolge, si sente un profumo di resina e foglie. La città, con i suoi problemi e la sua frenesia, sembra distante anni luce – un altro mondo.

Foto by Yannick Fanin – Esplora Carso

Da subito il sottobosco svela i suoi colorati segreti. Farfalle come l’Argynnis, arancione a macchioline scure, o l’Erebia, con il suo cupo manto segnato di rosso vivo. La Colias, dalle ali color giallo intenso: a vederla volare, pare un fiore sospeso nell’aria. La Vanessa atalanta, con i suoi colori esplosivi, bianco nero e rosso: non a caso il suo nome comune è “vulcano”.

Ma non c’erano solo farfalle. Fra i fiori c’erano anche api domestiche e selvatiche, i bombi, e coleotteri come il Leptura: un cerambicide che imita i colori delle vespe, per allontanare con l’inganno i predatori. Questo invece è un icneumonide, una piccola ed elegante vespa:

Foto by Gaia Zanin – Ecothema

Si prosegue il cammino. Dopo pochi passi, ci si para di fronte un ospite inatteso. Una dei partecipanti richiama l’attenzione su una piccola cosina che si muove, proprio in mezzo al sentiero. Ci chiniamo per osservarla, e la sorpresa è davvero bella: è un Morimus funereus, un altro cerambicide, estremamente raro e protetto dalla legge. Il nome, a dir poco lugubre, è dovuto al colore un po’ funebre delle sue ali; una tinta grigio scuro, quasi azzurra, triste ma allo stesso tempo molto bella. La sua presenza, però, è un segno positivo: è un insetto molto delicato, e se lo si incontra significa che il bosco è in buona salute, e l’aria è pulita.

Il Morimus funereus è un’animale xilofago; si nutre cioè di legno morto, di rami e tronchi in decomposizione. Anche per questo è importante riconsiderare la gestione del bosco: spesso si crede che pulirlo eliminando rami e alberi morti contribuisca alla salute del bosco, ma in realtà non si fa che impoverirne la biodiversità.

Foto by Yannick Fanin – Esplora Carso

A osservarlo da vicino, notiamo che alla povera bestiolina manca un’antenna. Spesso è così: la vita è dura, e anche nel bosco non risparmia colpi bassi. L’osservazione dà il via all’immaginazione: come sarà successo? Il morso di un predatore, lo scontro con un ciclista sul sentiero, un incidente di volo?

Nella foresta non abitano soltanto gli insetti. Nelle pozzanghere è possibile imbattersi nelle tracce dei grandi mammiferi che abitano in questa zona.

Foto by Gaia Zanin – Ecothema

Queste sono le orme di un ungulato. Come ci ha spiegato Marta Pieri di Esplora Carso, si tratta di un piccolo di capriolo: si possono distinguere le orme da quelle dei cerbiatti perchè in questo periodo dell’anno i giovani del cervo non sono più così piccoli!

A questo punto siamo arrivati in un luogo dall’atmosfera a dir poco magica: la Ledena Jama, che letteralmente significa “grotta ghiacciata”. E’ una profonda dolina, che sul fondo prosegue con una grotta dall’ampia imboccatura. Già avvicinandosi si sente che l’aria è fresca, anzi, decisamente fredda: giunti alla caverna, infatti, si incontra addirittura il ghiaccio, rimasto lì ancora da questo inverno! In passato, quando non c’erano i frigoriferi, grotte come queste erano un’importante risorsa: il ghiaccio veniva estratto in grossi cubi, che venivano destinati alla vendita nelle città circostanti.

Foto by Yannick Fanin – Esplora Carso

Fra una meraviglia e l’altra, sono già passate 5 ore. Nel bosco il tempo scorre con leggerezza e quiete: quasi non ci si accorge, ma è già l’ora di tornare. Lungo la discesa verso il parcheggio, però, la foresta ci lascia un ultimo dono: la penna di un rapace notturno.

Foto by Gaia Zanin – Ecothema

Il faunista Yannick Fanin di Esplora Carso ci ha spiegato come riconoscere le penne di un rapace notturno: le parte terminale delle barbette è sfrangiata, come se avesse le “doppie punte”: è un accorgimento che rende il volo dell’animale estremamente silenzioso, permettendogli così di piombare sulla preda senza farsi scoprire. La penna potrebbe appartenere all’Allocco degli Urali, un magnifico strigide che frequenta la foresta di Tarnova.

Infine, viene il momento di salutarsi e tornare a casa. Ma sia noi che i ragazzi di Esplora Carso stiamo già preparando nuove escursioni, per portarvi a scoprire gli stupendi luoghi naturali che circondano le nostre zone!

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La seconda conferenza sui dinosauri – grazie a tutti!

L'immagine può contenere: 1 persona, il seguente testo "Francesco Federica Don... GaiaZanin MarcoPap Illustra Encyelo lopediaof Dinosaurs" illustrazionediJohn Sibbick 1985 Partecipanti Francesco GaiaZanin (Ospite) Andrea Federica Gabriele MarcoPap Miryam Invita Riattivailmioaudio"

Con questo spinosauro danzerino, ringraziamo tutti quelli che hanno seguito la nostra conferenza di ieri sera, su paleoarte e dinosauri carnivori!

Ecothema non sta con le mani in mano… stiamo già preparando nuove attività, sia online che dal vivo.

L’8 agosto vi porteremo nella foresta di Tarnova, con un escursione assieme alle guide di Esplora Carso – esperienze nella natura del F.V.G. A questo link trovate tutte le informazioni e il modo per partecipare (la prenotazione è obbligatoria).

In questi giorni abbiamo poi ricevuto una straordinaria notizia: sarà nuovamente possibile organizzare visite guidate nei musei scientifici di Trieste! Presto ve ne parleremo più dettagliatamente