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Recensione: L’albero intricato, di David Quammen

Le intuizioni inaspettate hanno rimodellato in maniera radicale quel che pensiamo di sapere sulla storia della vita e sulle componenti funzionali degli esseri viventi, compresi noi stessi.” (David Quammen, L’albero intricato)

L’Albero Intricato” è un libro di David Quammen, tradotto e pubblicato in Italia a cura di Adelphi edizioni.

L’argomento principale del testo riguarda la forma concettuale con cui immaginiamo l’evoluzione della vita.

La grande intuizione di Darwin fu di concepire l’evolversi delle specie non come una situazione statica, nè come cammino lineare, ma con una forma ramificata, un “cespuglio” della vita fatto di biforcazioni che corrispondono alla continua nascita di nuove specie nel tempo, e anche all’estinzione di altre.

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Se l’idea di Darwin fu rivoluzionaria e pionieristica nello studio dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta, è ovvio però che nuove scoperte e nuovi paradigmi scientifici non possono che portare a una ridefinizione del nostro modo di concepirla.

Un’evoluzione del modo di concepire l’evoluzione, dunque: con una scelta molto interessante, Quammen sceglie di parlare di questo rinnovamento tramite le vite di scienziati e ricercatori che esplorarono questo campo, portando ciascuno il proprio apporto e i cambiamenti corrispondenti.

Il protagonista principale, forse, è Carl Woese, biologo statunitense noto per aver scoperto un nuovo dominio della vita: gli Archea, organismi unicellulari con caratteristiche uniche, che nell’ottica di Woese erano vicini all’origine stessa della vita.

Ma la forza del libro è di essere una polifonia, un racconto corale che ridefinisce costantemente il campo di studi, che è la vita stessa. Il testo racconta ad esempio di Lynn Margulis, scienziata americana che studiò il fenomeno dell’endosimbiosi; oppure di Ford Doolittle, che studiò il trasferimento genico orizzontale.

Proprio il trasferimento genico orizzontale è il fenomeno che più ha stravolto il modo con cui la scienza concepisce l’evoluzione, e come tale trova ampia risonanza all’interno del libro. Gli organismi non mutano soltanto per linea “verticale”, mutando casualmente il proprio corredo genetico e passandolo alla discendenza; ma c’è un interscambio genetico anche fra specie diverse. Tramite virus e batteri, intere porzioni del DNA passano da una creatura all’altra: da piante a batteri, da questi batteri agli animali, e persino all’essere umano.

L’albero dell’evoluzione, dunque, non è semplicemente ramificato come lo concepiva Darwin, ma è piuttosto un complesso reticolo: forse più simile a una spugna che a un albero.
Si tratta di un cambiamento di concezione che non è facile accettare: una volta che stabiliamo una nostra visione consolidata su un argomento, è difficile stravolgerla e accettarne una nuova. Proprio in questo sta la scelta vincente di Quammen: raccontare questo cambiamento attraverso le vite degli scienziati che l’hanno studiato, ci permette di capire che ognuno porta un proprio cambiamento, ma è anche attaccato alla propria visione, e non accetta di buon grado ulteriori novità.

Oltre all’interessantissimo tema che tratta, dunque, il pregio de “L’albero intricato” è di essere un’inno alla continua ricerca, alla capacità della scienza di mettersi sempre in discussione, anche di abbandonare teorie comprovate e sicure qualora nuove scoperte o nuove intuizioni indichino una via che può portare a conoscenze ancora da svelare.

(Recensione a cura di Gaia Zanin)