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No Mow May™: perché non tosare i prati a maggio aiuta la biodiversità

In un mondo sempre più attento alla sostenibilità e alla conservazione dell’ambiente, iniziative come il No Mow May™ stanno ottenendo sempre più popolarità e attenzione a livello internazionale. No Mow May™, che letteralmente significa “Maggio senza falciatura”, invita i proprietari di giardini a lasciare l’erba incolta per tutto il mese di maggio. Vediamo insieme perché.

Cos’è il No Mow May™

L’idea alla base di No Mow May™ è semplice: offrire un ecosistema più ricco e variegato che possa supportare una maggiore biodiversità. Durante il mese di maggio, quando la primavera è in pieno sviluppo e la natura si risveglia dopo l’inverno, molti animali e insetti sono alla ricerca di cibo e di habitat adatti alla riproduzione. L’erba alta e le piante spontanee offrono sia nutrimento sia rifugio da predatori e intemperie, creando così un microhabitat essenziale per la sopravvivenza di molte specie. È sufficiente, quindi, interrompere l’uso del tosaerba e lasciare che la natura segua il suo corso nei nostri giardini. Molte persone scoprono che, oltre a favorire la biodiversità, questa pratica può anche ridurre il lavoro di manutenzione del giardino e i costi energetici associati alla falciatura regolare.

Origini di No Mow May™

L’iniziativa No Mow May™ nasce nel Regno Unito, dove è stata promossa per la prima volta dall’organizzazione ambientalista Plantlife. A partire dagli anni ‘30, con la scomparsa del 97% dei prati fioriti, in UK sono andati persi importanti quantitativi di alimenti vitali necessari agli impollinatori, come api e farfalle. Grazie ai social e all’utilizzo di #NoMowMay, l’idea si è diffusa oltre i confini britannici. Per esempio, negli Stati Uniti e in Canada, gruppi locali e comunità hanno sposato l’iniziativa adattandola alle proprie condizioni ambientali e sociali. In Germania la Società Tedesca di Orticoltura invita la popolazione a lasciare che il prato cresca senza restrizioni durante il mese di maggio, poiché le indagini hanno rilevato un aumento fino a dieci volte del numero di fiori ricchi di nettare se la tosatura non è frequente. No Mow May™ ha ricevuto un’accoglienza particolarmente positiva nelle città, dove la perdita di biodiversità è spesso maggiore a causa dell’urbanizzazione intensiva e della predominanza di paesaggi artificiali.

Benefici per la biodiversità

Come già evidenziato, durante il No Mow May™, l’erba più lunga e le piante spontanee non vengono rimosse permettendo la fioritura di molte specie vegetali che normalmente sarebbero tagliate prima di poter fiorire. Queste piante offrono una fonte vitale di nettare e polline per gli impollinatori. Inoltre, l’erba alta fornisce un habitat per insetti, piccoli mammiferi e uccelli, proteggendoli dai predatori poiché ci sono più spazi sicuri per nidificare. La diversità delle piante in un prato non tagliato è spesso superiore rispetto a quella di un prato regolarmente falciato. Questa varietà di piante attrae e sostiene una gamma più ampia di specie animali. Studi hanno dimostrato che aree con maggiore biodiversità vegetale ospitano una più ricca varietà di specie faunistiche, creando un ecosistema più resiliente e autosufficiente.
No Mow May™ non è solo una pratica temporanea che riguarda un mese; piuttosto, rappresenta un cambiamento di paradigma nel modo in cui consideriamo e gestiamo i nostri spazi verdi. Gli impatti di questa iniziativa possono estendersi a lungo termine, influenzando le pratiche ambientali comunitarie e promuovendo un approccio più sostenibile all’orticoltura e alla gestione del paesaggio. Le piante che hanno avuto la possibilità di crescere liberamente e di completare il loro ciclo di vita possono spargere i loro semi, espandendo la diversità vegetale negli anni successivi. Inoltre, gli impollinatori che beneficiano di queste risorse, possono crescere in numero, migliorando la salute complessiva degli ecosistemi locali.
Nonostante i benefici indiscutibili per l’ambiente, No Mow May™ ha anche suscitato critiche. Alcuni sostengono che giardini e prati non falciati possano apparire trascurati o disordinati, in contrasto con le normative locali sull’ordine del territorio o con gli standard comunitari, e che i luoghi con l’erba più alta siano frequentati da animali che l’uomo in genere considera “fastidiosi”.
Da un punto di vista ambientale, è essenziale trovare un equilibrio tra il mantenimento di pratiche ecologicamente sostenibili e le esigenze della comunità. Mentre No Mow May™ promuove la biodiversità, è importante anche considerare e mitigare gli aspetti negativi.
Ridurre la frequenza di taglio dell’erba non solo aiuta la biodiversità, ma contribuisce anche alla riduzione dell’impronta carbonica. Il minor uso di tosaerba a benzina o elettrici, per esempio, diminuisce il consumo di energia e le emissioni di CO2. Inoltre, un prato più naturale richiede meno acqua e fertilizzanti chimici, riducendo ulteriormente l’impatto ambientale e promuovendo pratiche di giardinaggio più sostenibili.

Foto di un giardino incolto a cura dello Staff di Ecothema

Impatti sociali e comunitari

Uno degli impatti più evidenti di No Mow May™ è l’aumento della consapevolezza e dell’educazione ambientale tra i partecipanti e nelle comunità. Questo mese senza falciatura offre l’opportunità di osservare da vicino come un piccolo cambiamento nelle abitudini quotidiane possa avere effetti positivi sugli ecosistemi locali.
No Mow May™ può anche servire come catalizzatore per il dialogo e la collaborazione all’interno delle comunità, promuovendo iniziative di quartiere che possono spaziare dalla condivisione di risorse alla creazione di giardini comunitari biodiversi. Questo consente di rafforzare il senso di comunità e la responsabilità collettiva verso la conservazione dell’ambiente. Quindi la sfida che No Mow May™ presenta non è solo ecologica ma anche culturale, spingendoci a riconsiderare le nostre aspettative su come dovrebbe apparire un giardino e qual è il suo scopo.
Se riuscissimo a trasformare questo mese di astensione dalla falciatura in un’abitudine più regolare, i benefici a lungo termine per la biodiversità globale potrebbero essere davvero notevoli.

Foto di copertina: Alexa da Pixabay

Sitografia:
https://www.plantlife.org.uk/
https://cumbria-in-bloom.org.uk/no-mow-may-how-to-get-ten-times-more-bees-on-your-lockdown-lawn/
https://www.greenme.it/casa-e-giardino/falciare-prato-maggio/
https://www.thegoodintown.it/cose-nomowmay-e-perche-farlo-anche-a-giugno/
https://pacifichorticulture.org/articles/your-urban-backyard-habitat-can-support-biodiversity/

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Tra Evoluzione e Biodiversità: da Darwin a oggi

Il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste ha ospitato il terzo appuntamento di Dialoghi di Scienza, il ciclo di incontri partito in novembre 2023 e che tratta varie sfaccettature del mondo naturale attraverso le voci di esperti biologi, antropologi, naturalisti, geologi. “Tra evoluzione e biodiversità: da Darwin a oggi”, tenutosi lo scorso mercoledì 7 febbraio, ha offerto un’immersione nelle dinamiche evolutive che hanno plasmato la vita sulla Terra.
A parlarne è stato Marco Paparot, biologo, naturalista ed esperto in evoluzione, che ha guidato il pubblico in un percorso esplorativo, partendo dalle prime intuizioni di scienziati solitari fino ad arrivare alle teorie evolutive moderne di figure come Stephen Jay Gould. Questo incontro è stato programmato in prossimità del Darwin Day, che ricorre il 12 febbraio, celebrando così anticipatamente l’anniversario della nascita di Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione per selezione naturale.
Tra i vari aspetti stimolanti dell’incontro, è sicuramente da menzionare l’approccio critico nei confronti dei luoghi comuni sull’evoluzione, come la mal interpretata “legge del più forte”. Paparot ha chiarito come l’evoluzione non sia un processo lineare e non necessariamente crudele, ma piuttosto un intreccio di adattamenti, strategie di sopravvivenza e collaborazioni, che insieme vanno a comporre il complesso mosaico della biodiversità.

La Neotenia

Uno dei concetti affrontati è stato quello di neotenia che, nel contesto della biologia evolutiva, si riferisce al fenomeno per il quale, in un organismo adulto, tratti giovanili possono essere conservati perché vantaggiosi anche nella fase adulta, dimostrando la flessibilità e l’ingegnosità dell’evoluzione. La neotenia può essere osservata in diversi gruppi di organismi, dagli invertebrati ai vertebrati, e può influenzare sia la morfologia (aspetto esterno) sia il comportamento. Tra gli esempi di neotenia troviamo l’axolotl (Ambystoma mexicanum), una specie di salamandra che mantiene le sue branchie esterne e altre caratteristiche larvali per tutta la vita. Questo le consente di vivere in acqua per tutta la sua esistenza, senza quasi mai sottoporsi alla metamorfosi in una forma terrestre adulta, come invece fanno molte altre salamandre. Un esempio locale di neotenia è costituito dal Proteus anguineus delle acque carsiche sotterranee. Anche noi esseri umani siamo considerati un esempio di neotenia. Caratteristiche come una grande testa in proporzione al corpo, faccia piatta, e riduzione della peluria corporea sono tutte considerate manifestazioni di neotenia e questi tratti neotenici possono aver contribuito a favorire l’evoluzione del cervello umano e la capacità di partecipare a complesse interazioni sociali.

Fossili di transizione: ponti tra mondi

Altro tema di rilievo è stato quello dei fossili di transizione, testimoni inconfutabili dei percorsi evolutivi che collegano specie antiche a quelle moderne. L’Archaeopteryx e l’Ambulocetus sono stati presentati come ponti tra mondi viventi diversi, illustrando la fluidità e la complessità dell’evoluzione.
L’ Archaeopteryx, infatti, è considerato uno dei fossili di transizione più famosi. Esso collega i dinosauri non aviani agli uccelli. Vissuto circa 150 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia dei dinosauri (denti affilati, lunga coda ossea, artigli) sia degli uccelli moderni (piume, strutture ossee che suggeriscono la capacità di volare) e fornisce un esempio di come gli uccelli possano essere evoluti dai dinosauri teropodi.
L’ Ambulocetus, conosciuto come la “balena che cammina”, è invece un esempio di transizione tra mammiferi terrestri ancestrali e cetacei moderni (balene, delfini). Vissuto circa 50 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia di mammiferi terrestri (arti capaci di sostenere il suo peso sulla terra) sia di cetacei moderni (adattamenti per la vita acquatica, come arti posteriori ridotti e una struttura del corpo idrodinamica). Esso evidenzia la transizione evolutiva da mammiferi terrestri a mammiferi marini completamente acquatici.
Non è assolutamente da dimenticare l’Australopithecus afarensis, uno dei più noti possibili antenati umani come la famosa Lucy, che mostra caratteristiche di transizione tra antichi primati non umani e generi successivi, come il genere Homo. Vissuto circa 3,2 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia dei primati non umani (dimensioni cerebrali più piccole, facce pronunciate) sia degli umani moderni (bipedismo, alcuni adattamenti nel bacino e nelle gambe per camminare eretti) e aiuta a tracciare l’evoluzione del bipedismo e di altre caratteristiche umane distintive.

Un momento della visita al Gabinetto Scientifico

Exaptation: la seconda vita delle caratteristiche

Durante la visita al Gabinetto Scientifico e alla Wuderkammer del Museo, i partecipanti hanno potuto scoprire l’exaptation, concetto introdotto dai paleontologi Stephen Jay Gould ed Elisabeth Vrba nel 1982. Si tratta del processo per cui caratteristiche sviluppate per una funzione vengono riadattate per nuovi usi, mostrando come la natura sia abilissima a “riciclare” e innovare. Tra gli esempi, citati da Paparot, rientrano le piume degli uccelli. Si pensa che in origine le piume si siano evolute nei dinosauri con funzione di termoregolazione o per il corteggiamento, e che successivamente, siano state exaptate per il volo negli uccelli. Le piume conservano ancora le loro funzioni originali, ma ora sono anche strumentali per il volo, offrendo isolamento e capacità aerodinamiche. Altro esempio citato è stato quello della conchiglia dei molluschi, inizialmente come adattamento per la difesa dai predatori e successivamente utilizzata per colonizzare l’ambiente terrestre in quanto si è rivelata utile per evitare la perdita d’acqua.

Relatore e pubblico in visita alla Wunderkammer

Prossimo incontro

Sempre presso la Sala Incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, avrà luogo il prossimo appuntamento di Dialoghi di Scienza. Previsto per mercoledì 6 marzo 2024, promette di essere altrettanto interessante e stimolante. “Neanderthal: un altro aspetto della nostra umanità”, presentato dall’antropologa Alice Testa, esplorerà la storia e le misconcezioni legate a questi nostri “fratelli” evolutivi, offrendo un’occasione per avvicinarsi ai reperti neanderthaliani conservati nel Museo.
Gli appuntamenti di Dialoghi di Scienza non sono solo un’opportunità di apprendimento, sono anche un momento di riflessione sulla nostra posizione nel tessuto della vita. In un’epoca in cui la biodiversità è sotto pressione, comprendere l’evoluzione significa anche riconoscere il valore e la fragilità del nostro mondo naturale.