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Tra Evoluzione e Biodiversità: da Darwin a oggi

Il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste ha ospitato il terzo appuntamento di Dialoghi di Scienza, il ciclo di incontri partito in novembre 2023 e che tratta varie sfaccettature del mondo naturale attraverso le voci di esperti biologi, antropologi, naturalisti, geologi. “Tra evoluzione e biodiversità: da Darwin a oggi”, tenutosi lo scorso mercoledì 7 febbraio, ha offerto un’immersione nelle dinamiche evolutive che hanno plasmato la vita sulla Terra.
A parlarne è stato Marco Paparot, biologo, naturalista ed esperto in evoluzione, che ha guidato il pubblico in un percorso esplorativo, partendo dalle prime intuizioni di scienziati solitari fino ad arrivare alle teorie evolutive moderne di figure come Stephen Jay Gould. Questo incontro è stato programmato in prossimità del Darwin Day, che ricorre il 12 febbraio, celebrando così anticipatamente l’anniversario della nascita di Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione per selezione naturale.
Tra i vari aspetti stimolanti dell’incontro, è sicuramente da menzionare l’approccio critico nei confronti dei luoghi comuni sull’evoluzione, come la mal interpretata “legge del più forte”. Paparot ha chiarito come l’evoluzione non sia un processo lineare e non necessariamente crudele, ma piuttosto un intreccio di adattamenti, strategie di sopravvivenza e collaborazioni, che insieme vanno a comporre il complesso mosaico della biodiversità.

La Neotenia

Uno dei concetti affrontati è stato quello di neotenia che, nel contesto della biologia evolutiva, si riferisce al fenomeno per il quale, in un organismo adulto, tratti giovanili possono essere conservati perché vantaggiosi anche nella fase adulta, dimostrando la flessibilità e l’ingegnosità dell’evoluzione. La neotenia può essere osservata in diversi gruppi di organismi, dagli invertebrati ai vertebrati, e può influenzare sia la morfologia (aspetto esterno) sia il comportamento. Tra gli esempi di neotenia troviamo l’axolotl (Ambystoma mexicanum), una specie di salamandra che mantiene le sue branchie esterne e altre caratteristiche larvali per tutta la vita. Questo le consente di vivere in acqua per tutta la sua esistenza, senza quasi mai sottoporsi alla metamorfosi in una forma terrestre adulta, come invece fanno molte altre salamandre. Un esempio locale di neotenia è costituito dal Proteus anguineus delle acque carsiche sotterranee. Anche noi esseri umani siamo considerati un esempio di neotenia. Caratteristiche come una grande testa in proporzione al corpo, faccia piatta, e riduzione della peluria corporea sono tutte considerate manifestazioni di neotenia e questi tratti neotenici possono aver contribuito a favorire l’evoluzione del cervello umano e la capacità di partecipare a complesse interazioni sociali.

Fossili di transizione: ponti tra mondi

Altro tema di rilievo è stato quello dei fossili di transizione, testimoni inconfutabili dei percorsi evolutivi che collegano specie antiche a quelle moderne. L’Archaeopteryx e l’Ambulocetus sono stati presentati come ponti tra mondi viventi diversi, illustrando la fluidità e la complessità dell’evoluzione.
L’ Archaeopteryx, infatti, è considerato uno dei fossili di transizione più famosi. Esso collega i dinosauri non aviani agli uccelli. Vissuto circa 150 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia dei dinosauri (denti affilati, lunga coda ossea, artigli) sia degli uccelli moderni (piume, strutture ossee che suggeriscono la capacità di volare) e fornisce un esempio di come gli uccelli possano essere evoluti dai dinosauri teropodi.
L’ Ambulocetus, conosciuto come la “balena che cammina”, è invece un esempio di transizione tra mammiferi terrestri ancestrali e cetacei moderni (balene, delfini). Vissuto circa 50 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia di mammiferi terrestri (arti capaci di sostenere il suo peso sulla terra) sia di cetacei moderni (adattamenti per la vita acquatica, come arti posteriori ridotti e una struttura del corpo idrodinamica). Esso evidenzia la transizione evolutiva da mammiferi terrestri a mammiferi marini completamente acquatici.
Non è assolutamente da dimenticare l’Australopithecus afarensis, uno dei più noti possibili antenati umani come la famosa Lucy, che mostra caratteristiche di transizione tra antichi primati non umani e generi successivi, come il genere Homo. Vissuto circa 3,2 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia dei primati non umani (dimensioni cerebrali più piccole, facce pronunciate) sia degli umani moderni (bipedismo, alcuni adattamenti nel bacino e nelle gambe per camminare eretti) e aiuta a tracciare l’evoluzione del bipedismo e di altre caratteristiche umane distintive.

Un momento della visita al Gabinetto Scientifico

Exaptation: la seconda vita delle caratteristiche

Durante la visita al Gabinetto Scientifico e alla Wuderkammer del Museo, i partecipanti hanno potuto scoprire l’exaptation, concetto introdotto dai paleontologi Stephen Jay Gould ed Elisabeth Vrba nel 1982. Si tratta del processo per cui caratteristiche sviluppate per una funzione vengono riadattate per nuovi usi, mostrando come la natura sia abilissima a “riciclare” e innovare. Tra gli esempi, citati da Paparot, rientrano le piume degli uccelli. Si pensa che in origine le piume si siano evolute nei dinosauri con funzione di termoregolazione o per il corteggiamento, e che successivamente, siano state exaptate per il volo negli uccelli. Le piume conservano ancora le loro funzioni originali, ma ora sono anche strumentali per il volo, offrendo isolamento e capacità aerodinamiche. Altro esempio citato è stato quello della conchiglia dei molluschi, inizialmente come adattamento per la difesa dai predatori e successivamente utilizzata per colonizzare l’ambiente terrestre in quanto si è rivelata utile per evitare la perdita d’acqua.

Relatore e pubblico in visita alla Wunderkammer

Prossimo incontro

Sempre presso la Sala Incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, avrà luogo il prossimo appuntamento di Dialoghi di Scienza. Previsto per mercoledì 6 marzo 2024, promette di essere altrettanto interessante e stimolante. “Neanderthal: un altro aspetto della nostra umanità”, presentato dall’antropologa Alice Testa, esplorerà la storia e le misconcezioni legate a questi nostri “fratelli” evolutivi, offrendo un’occasione per avvicinarsi ai reperti neanderthaliani conservati nel Museo.
Gli appuntamenti di Dialoghi di Scienza non sono solo un’opportunità di apprendimento, sono anche un momento di riflessione sulla nostra posizione nel tessuto della vita. In un’epoca in cui la biodiversità è sotto pressione, comprendere l’evoluzione significa anche riconoscere il valore e la fragilità del nostro mondo naturale.

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Le farfalle tra mare e Carso

Protagoniste le farfalle al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste per il secondo appuntamento del ciclo di incontri ‘Dialoghi di Scienza’, svoltosi lo scorso mercoledì 10 gennaio. Grazie al relatore Eugenio Melotti, biologo, giornalista scientifico e appassionato di entomologia, il pubblico ha potuto apprezzare lo straordinario mondo dei lepidotteri che conosciamo più comunemente con i nomi di farfalle e falene. La proiezione delle immagini, arricchite dalle spiegazioni di Melotti, ha offerto una carrellata sulla vita e le varie tipologie di questi affascinanti insetti, in particolare di quelli presenti nella zona di Trieste e nelle altre aree del Friuli Venezia Giulia.

Dopo una breve introduzione sul termine Lepidotteri (dal greco lepis=’squama, scaglia’ e pteron=’ala’), sul fatto che sono definiti insetti olometaboli, ovvero a metamorfosi completa, che vanno distinti in Ropaloceri (farfalle) e Eteroceri (falene), si è passati a conoscere la Vanessa io o Occhio di Pavone (Aglais io) una farfalla diurna molto diffusa e riconoscibile, appartenente alla famiglia delle Nymphalidae.  Nota per le sue spettacolari ali, presenta una vivace colorazione di fondo arancione con bordi scuri e grandi macchie a forma di occhio su entrambe le ali. Questi occhi servono ad intimidire i predatori, simulando quelli di un animale più grande. Con un’apertura alare che varia tra i 50 e i 65 millimetri, è una delle farfalle più grandi e vistose presenti nel nostro continente, ma è comune anche in parti dell’Asia. Una delle caratteristiche più interessanti di questa specie è la sua capacità di sopravvivere all’inverno in stato di ibernazione, spesso nascosta in fessure o cavitá. A primavera, gli adulti escono dal letargo e riprendono a volare per nutrirsi e riprodursi.

Una farfalla notturna in passato rara nell’area di Trieste ma ora, a causa del clima più temperato, diventata comune, è la Sfinge dell’oleandro (Daphnis nerii) appartenente alla famiglia delle Sphingidae, conosciuta per le ali lunghe e sottili con un pattern che varia dal verde chiaro al grigio, spesso con sfumature rosa o viola. Le ali posteriori sono tipicamente color rosa brillante con un bordo nero e una banda bianca. Ha un corpo robusto, con linee nere e bianche alternate sull’addome. La troviamo sugli oleandri, in quanto le sue larve si nutrono prevalentemente delle foglie di queste piante, dove depongono le uova. I bruchi sono verdi o gialli con bande trasversali e una sorta di ‘corno’ caratteristico sulla parte posteriore. Dopo il periodo di crescita, i bruchi si trasformano in pupa, da cui emerge la farfalla adulta. La Sfinge dell’oleandro gioca un ruolo importante nell’impollinazione.

È impossibile descrivere qui i numerosissimi e coloratissimi lepidotteri di cui si è parlato durante l’evento ma sicuramente merita ricordare i tanti e meravigliosi esemplari osservati durante la visita al Gabinetto Scientifico e alla Wunderkammer del Museo, per la maggior parte provenienti dall’ Asia e dall’America Latina. Tra di loro attira subito l’attenzione la Caligo teucer, comunemente nota come farfalla civetta o farfalla gufo a causa dei disegni a forma di occhio sulle ali, che ricordano appunto gli occhi di un gufo o di una civetta. Le sue ali possono raggiungere anche i 15-20 centimetri, presentano il lato superiore di solito marrone scuro o bluastro scuro, mentre il lato inferiore ha gli ocelli caratteristici. Queste macchie oculari sono un meccanismo di difesa per scoraggiare eventuali attacchi.

Una delle curiosità che ha affascinato molto il pubblico, è stata la spiegazione della colorazione delle ali delle farfalle. Può essere influenzata sia da fattori genetici che ambientali e può derivare da due principali processi: la pigmentazione e la struttura delle ali. Nel primo caso, alcuni colori sono il risultato di pigmenti chimici che assorbono certe lunghezze d’onda della luce e ne riflettono altre. Ad esempio, la melanina produce colori scuri come marrone o nero, mentre altri pigmenti possono produrre colori come il giallo, l’arancione o il rosso. Questi colori assolvono a varie funzioni, come il mimetismo, l’attrazione di compagni, la segnalazione di velenosità o sgradevolezza per i predatori.
Riguardo alla struttura delle ali, Melotti ha spiegato che molti dei colori più vivaci e iridescenti sono il risultato di strutture microscopiche, presenti appunto sulle ali, che rifrangono e riflettono la luce in modi specifici. Questo fenomeno, noto come colorazione strutturale, può creare effetti spettacolari, come sfumature brillanti di blu, verde, o anche colori che cambiano a seconda dell’angolo di visione. I colori strutturali sono spesso utilizzati nei corteggiamenti o come segnali visivi in altre interazioni sociali. La variazione nei colori delle ali può essere significativa tra specie diverse, ma anche tra maschi e femmine della stessa specie. Spesso, i maschi hanno colori più vivaci o modelli più complessi sulle ali rispetto alle femmine, utilizzati per attrarre queste ultime o dissuadere i rivali. Inoltre, i colori e i modelli sulle ali delle farfalle possono anche essere legati all’ambiente  in cui vivono. Ad esempio, le farfalle che vivono in foreste ombrose possono avere colori più scuri o modelli che le aiutano a mimetizzarsi tra le foglie e i tronchi degli alberi.

Dopo questo interessante e coinvolgente evento, non ci resta che invitarvi al terzo appuntamento di ‘Dialoghi di Scienza’, che si terrà sempre al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, in programma per il 7 febbraio 2024, dalle 17:30 alle 18:30, intitolato “Tra evoluzione e biodiversità: da Darwin a oggi’. A parlare sarà Marco Paparot, biologo e presidente di Ecothema, che, trattando gli aspetti cruciali del pensiero evolutivo, da Darwin e Wallace a Stephen Jay Gould, ci guiderà in un viaggio attraverso le complessità e le bellezze dell’evoluzione biologica. Paparot si propone anche di sfatare alcuni miti e inesattezze comuni sull’evoluzione, come la percezione errata che essa sia una “legge del più forte” o che dipinga un’immagine crudele della natura.
Come anticipazione al Darwin Day, che ricorre il 12 febbraio, questo evento rappresenta un’opportunità per immergersi nelle meraviglie e nelle comprensioni scientifiche dell’evoluzione, un tema che continua a ispirare e illuminare il nostro posto nel mondo naturale.

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Alla scoperta delle origini dell’uomo

Lo scorso mercoledì 29 novembre pomeriggio, al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, ha avuto inizio il ciclo di appuntamenti “Dialoghi di Scienza” con il primo incontro dal titolo “Alla scoperta delle origini dell’uomo”.

La Sala Incontri del Museo è stata quindi teatro di un viaggio affascinante attraverso il tempo, un’immersione nelle profondità della nostra storia evolutiva. “Cosa sappiamo sull’evoluzione umana e cosa invece non sappiamo?” è la domanda che ha fatto da filo conduttore per il tema portante di questo evento.

Il biologo Marco Paparot, relatore dell’incontro, ha guidato il pubblico attraverso i meandri della paleoantropologia, rendendo comprensibili concetti che spesso rimangono confinati nei testi accademici.

Tra i vari momenti dell’incontro, sicuramente il racconto della storia del famoso Uomo di Piltdown è uno di quelli che ha colpito il pubblico; un esempio eclatante di frode scientifica. Nel Sussex, in Gran Bretagna, tra il 1912 e il 1914, venne annunciato il ritrovamento di presunti resti di un ominide dal cranio grande e dalla mandibola simile a quella di una scimmia. All’epoca venne spacciata come la scoperta dell'”anello mancante” nella storia dell’evoluzione umana. Solo nel 1953, si riuscì a scoprire che si trattava di un inganno poiché il fossile era stato in realtà creato assemblando i resti di un uomo e di un orango.

Un momento dell’incontro

Anche la figura di Lucy, l’Australopithecus afarensis, ritrovata in Etiopia nel novembre del 1974, ha rappresentato un altro punto focale della presentazione. Lucy, con i suoi oltre 3 milioni di anni, continua a essere una delle scoperte più significative, ma non risolutive, per comprendere l’evoluzione umana. La discussione sulle sue ossa e sul significato della sua struttura fisica ha fornito spunti di riflessione sulla nostra posizione eretta e sulla locomozione bipede, caratteristiche distintive della nostra evoluzione. Si tratta di uno dei fossili più completi trovati di un antenato umano, composto da 52 ossa, inclusi arti, mandibola, frammenti del cranio, costole, vertebre e il bacino, che rivelò il sesso femminile del soggetto. Si racconta che il nome “Lucy” fu scelto dai paleoantropologi, ispirati dalla canzone “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles, ascoltata frequentemente nel loro accampamento.

La Mandibola di Lonche

Oltre alla ricca presentazione, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di esplorare la sala ominidi, osservando da vicino reperti come la mandibola di Lonche, che non solo parla di millenni di storia, ma che ancora oggi continua a svelare segreti sorprendenti. Scoperta nel 1911 da Giuseppe Müller, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste dal 1928 al 1945, in una piccola caverna presso Lonche (oggi Loka, in Istria settentrionale, Slovenia), questa mandibola rappresenta un importante legame con il nostro passato evolutivo ed è testimonianza delle sorprendenti capacità mediche dei nostri antenati. La rivelazione della presenza di cera d’api nel canino della mandibola come forma di “otturazione” ha lasciato il pubblico affascinato, mostrando come i nostri antenati fossero molto più avanzati di quanto spesso si tenda a credere.

Dopo questa interessante apertura di ‘Dialoghi di Scienza’, siamo già pronti a immergerci nel prossimo affascinante capitolo. Vi invitiamo quindi a unirvi a noi mercoledì 10 gennaio 2024, dalle 17:30 alle 18:30, per il secondo appuntamento dal titolo ‘Le farfalle tra mare e Carso’, con il giornalista scientifico Eugenio Melotti come relatore.

In questo incontro, ci addentreremo nel colorato mondo delle farfalle, esplorando la loro biodiversità e il ruolo vitale che svolgono negli ecosistemi del mare e del Carso. Eugenio Melotti, con la sua esperienza e passione per la scienza, ci guiderà attraverso le storie uniche e le sfide ambientali che queste creature affrontano.

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Dialoghi di Scienza: Un Viaggio alla Scoperta delle Meraviglie Scientifiche

Per chi già ci conosce sa che al cuore della missione di Ecothema c’è da sempre la passione per la divulgazione scientifica, l’educazione ambientale e la didattica museale. Perciò siamo felici di annunciare il lancio del nostro nuovo ciclo di attività divulgative: “Dialoghi di Scienza”. Si tratta di cinque incontri che inizieranno mercoledì 29 novembre 2023 per concludersi mercoledì 27 marzo 2024 e che avranno luogo presso il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste in via dei Tominz 4. Sono un invito aperto a tutti per esplorare e comprendere meglio il mondo affascinante della scienza e restare aggiornati sulle scoperte più recenti. 
La scienza non è solo una materia di studio; è una finestra sul mondo, un modo per capire la vita, l’universo e tutto ciò che ci circonda. “Dialoghi di Scienza” nasce dalla volontà di Ecothema di rendere la scienza accessibile e coinvolgente per tutti, indipendentemente dall’età o dal bagaglio culturale. Intendiamo sfidare le percezioni comuni e stimolare curiosità e meraviglia verso gli argomenti scientifici. 

Il calendario degli appuntamenti

Gli appuntamenti

Per ciascun incontro, abbiamo coinvolto esperti nei rispettivi campi – paleontologi, biologi, antropologi – per guidare il pubblico in questi viaggi di scoperta. Ad ogni evento abbiamo abbinato una visita guidata nelle sale espositive del Museo di Storia Naturale, permettendo così un apprendimento vivace e coinvolgente.  Crediamo fermamente che la conoscenza sia un bene prezioso e che la divulgazione scientifica sia essenziale per una società più consapevole e informata. 

Gli argomenti trattati spaziano dalle origini dell’uomo, compiendo un viaggio, assieme al biologo Marco Paparot, attraverso le più recenti scoperte nel campo della paleoantropologia, con interesse specifico alle nuove teorie che hanno rivoluzionato la nostra comprensione di questo tema, alle affascinanti farfalle, grazie all’incontro con il giornalista scientifico Eugenio Melotti che sensibilizzerà sulla salvaguardia degli insetti, spesso trascurati nelle discussioni ambientali, e dedicherà un focus ai lepidotteri e al loro ruolo nell’ecosistema. Sempre Marco Paparot ci parlerà di evoluzione delle specie esplorando le idee e i fraintendimenti comuni sull’evoluzione per selezione naturale, con una riflessione sulle moderne interpretazioni scientifiche del concetto. Ci sarà un approfondimento sull’ uomo di Neanderthal con l’antropologa Alice Testa, con la quale si analizzerà la vita di questa affascinante specie umana e il suo rapporto con l’Homo sapiens, andando a contestualizzare e chiarire i concetti spesso fraintesi e discutendo sui più recenti ritrovamenti fossili e reperti di DNA. Il ciclo di incontri si concluderà con il geologo Kevin Milocco che parlerà del coccodrillo preistorico Acynodon, un fossile eccezionale del Villaggio del Pescatore e spesso oscurato dalla fama dei dinosauri. Si esploreranno le sue caratteristiche uniche e il suo ruolo nell’ecosistema del Cretaceo. 

Ogni appuntamento prevede una presentazione nella sala incontri e una visita guidata agli spazi espositivi del Museo di Storia Naturale attinenti al tema trattato, per rendere l’esperienza il più possibile immersiva e formativa. 

Per informazioni e prenotazioni:
E-mail: ecothema@gmail.com 
Tel.: +39 320 2753277 (Marco Paparot) | +39 339 4580197 (Dorian Lorenzutti) 

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Innovazione e Sinergia al centro dell’Eureka Day 2023

Giornata entusiasmante, ricca di spunti, idee, incontri speciali e future collaborazioni.

Ecco come, in sintesi, possiamo definire venerdì 13 ottobre a Villa Manin di Passariano sede per un giorno di Eureka Day 2023, momento di confronto e incontri B2B, promosso dalla Direzione Cultura e Sport della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e al quale, noi di Ecothema, eravamo presenti.

Il convegno “Cultura e Creatività 4.0” ha occupato la prima parte della giornata. L’evento ha evidenziato l’importanza della democratizzazione dell’accesso ai contenuti culturali. La narrazione digitale e l’uso della tecnologia sono stati identificati come catalizzatori per rendere la cultura più accessibile e coinvolgente, soprattutto in un’era dove il “phygital” – la fusione tra esperienze fisiche e digitali – sta guadagnando sempre più terreno. Questo approccio non solo rinvigorisce la fruizione dei monumenti storici e delle esperienze culturali, ma mette in luce anche l’importanza delle relazioni umane nella creazione di un’esperienza culturale ricca e multi-sfaccettata.
L’Eureka Day ha esplorato quindi nuove forme di consumo della cultura e ha messo l’accento sulle esperienze immateriali e sulla tutela della proprietà intellettuale. È stato poi rilevato come la modalità di lavoro vincente non sia quella che segue un modello gerarchico, bensì quella che abbraccia il modello della coprogettazione, una strategia che incoraggia la partecipazione attiva e la collaborazione tra gli stakeholder coinvolti. L’intersezione tra turismo e cultura è stata un’altra area di riflessione. La sostenibilità è stata un argomento di discussione cruciale, con un focus particolare sulla sostenibilità sociale, culturale ed economica. In un mondo in rapida evoluzione, l’adattabilità e la consapevolezza sociale sono essenziali.

La sessione B2B

Il Vicegovernatore e Assessore alla Cultura, Mario Anzil, intervenuto all’evento, ha riconosciuto e sottolineato il forte impegno della Regione FVG nell’incentivare lo sviluppo delle iniziative culturali. L’aumento delle risorse finanziarie destinate a questo settore evidenzia il desiderio di promuovere un rinnovamento culturale e creativo. Secondo Anzil, è essenziale utilizzare queste risorse in modo efficace, supportando la nascita e il rafforzamento delle imprese culturali e creative. Riflettendo sulla ricca storia pluriculturale della regione, il Vicegovernatore ha sottolineato l’importanza di una visione condivisa, arricchita da diverse voci e opinioni. Questa visione è ancor più significativa alla luce della futura esperienza di Nova Gorica e Gorizia come capitali europee della cultura nel 2025 e della candidatura di Pordenone come capitale italiana della cultura nel 2027. Il Friuli-Venezia Giulia, quindi, non è solo un partecipante nel campo della cultura ma aspira a diventare un leader riconosciuto e rispettato a livello internazionale.

Nel pomeriggio hanno avuto luogo gli incontri B2B, ideati per favorire la conoscenza e lo scambio tra imprese culturali e creative e imprese tradizionali. Più di 100 le realtà registrate e protagoniste degli oltre 400 incontri programmati. Questa intensa attività ha confermato il ruolo dell’Eureka Day non solo come un evento di networking, ma anche come un incubatore di idee innovative e una preziosa occasione per future collaborazioni strategiche con una visione condivisa.

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Museo del Mare, ala Nord: una gemma nel Porto Vecchio di Trieste

Trieste ha aperto le porte dell’ala Nord del Museo del Mare – un affascinante spazio nel cuore del Porto Vecchio e ubicato nello storico Magazzino 26 – il 3 ottobre 2023 segnando un importante momento nella storia culturale della città.

Ingresso del Museo del Mare

La genesi del Museo si radica nell’idea del 2017 di creare un Polo Museale nel Porto Vecchio, costituito da tre edifici storici: la Sottostazione elettrica, la Centrale idrodinamica e il Magazzino 26. Un’intesa tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, il Comune di Trieste e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale ha reso possibile la visione di “Porto Vivo Trieste”, un audace progetto di riqualificazione urbana.

Nel 2018, il Magazzino 26 è stato selezionato come sede ideale per il Museo del Mare. La struttura, vasta e storica, ha subito una metamorfosi. La parte museale dell’ala Nord, si propone come anticipazione temporanea del Grande Museo del Mare che andrà ad occupare l’ala Sud destinata a un progetto dello Studio dell’architetto Guillermo Vázquez Consuegra. L’ala Nord del Magazzino 26, fin dal 2020 è stata convertita in uno spazio museale ed espositivo. Essa ospita ora l’Immaginario Scientifico, il “Deposito a vista” sul Lloyd austriaco e triestino, il “Magazzino 18”, e naturalmente il Museo del Mare al terzo piano.
Il design interno riflette un’idea di “Depositi Accessibili”, trasformando lo spazio museale in un vivace laboratorio/backstage. Il layout invita i visitatori a intraprendere un viaggio di scoperta: dallo spazio introduttivo, all’area deposito e laboratoriale, fino all’area espositiva. Quest’ultima organizzata con contenitori per opere d’arte, configurabili per vari scopi.

Il Museo del Mare, originariamente fondato nel 1904, dopo la chiusura della sua sede di Campo Marzio nel 2019, rende quindi ora visibili le proprie preziose collezioni al Magazzino 26. La storia marittima di Trieste è raccontata attraverso modelli di navi, strumenti di navigazione, filmati e fotografie. La ricchezza del Museo è anche evidenziata dalle donazioni private, che contribuiscono a narrare storie di famiglie e patrimoni.

Il Museo propone vari servizi, tra cui un’offerta didattica, infografiche e video illustrativi, nonché una biblioteca specializzata. In occasione della “Barcolana 55”, il Museo aprirà le sue porte in via straordinaria dal 4 all’8 ottobre, con orario dalle 10.00 alle 19.00.
Tra le altre iniziative previste per il mese di ottobre, segnaliamo:

  • giovedì 19 ottobre alle ore 17.30 – Presentazione del volume di apertura della collana editoriale del Museo, “Trieste e le sue navi sotto il cielo di Timmel” di Sergio Vatta, presso la sala Luttazzi;
  • sabato 28 ottobre alle ore 14.45 – Partecipazione all’iniziativa dei Musei Scientifici di Trieste “Passeggiando si impara” con l’incontro “In cerca di un approdo. Le rive di Trieste raccontano”.

L’apertura del Museo del Mare, ala Nord, nel Porto Vecchio di Trieste è dunque una testimonianza del profondo legame della città con il mare e della sua continua evoluzione come centro culturale. Come hanno ribadito il Sindaco Roberto Dipiazza e l’Assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo Giorgio Rossi durante la conferenza stampa di presentazione, il Museo del Mare promette di essere una destinazione ricca di attrattiva e imperdibile per residenti e turisti.

👉 Per informazioni aggiornate sul Museo del Mare, cliccare qui

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Civici Musei Scientifici di Trieste

Riprendono le attività presso i Civici Musei Scientifici di Trieste!

Siamo felici di annunciare che riprendiamo le nostre attività presso i Civici Musei Scientifici di Trieste. Dopo la pausa estiva, siamo pronti a tornare e a condividere con voi tutte le novità e le iniziative dedicate agli istituti scolastici e al pubblico in generale.

Open Day per gli Insegnanti – Presentazione dell’Offerta Educativa

Sabato 23 settembre 2023 alle ore 11.00 presso l’Auditorium “Marco Sofianopulo” del Museo Revoltella (Via Diaz 27 – Trieste), avrà luogo la presentazione delle attività didattiche, educative e di divulgazione culturale e scientifica dei Civici Musei del Comune di Trieste.

Interverranno l’Amministrazione Comunale e i rappresentanti di ADMaiora srl, concessionari dei servizi per i Civici Musei Storici e Artistici e noi di Ecothema Soc. Coop., concessionari dei servizi per i Civici Musei Scientifici.

In questa occasione verrà illustrato il ventaglio di offerte educative pensate, in particolare, per le attività rivolte alle scuole di ogni ordine e grado.

I nostri team, rispettivamente di ADmaiora e di Ecothema,  saranno lì per rispondere a tutte le vostre domande e per darvi un’anteprima di ciò che abbiamo pianificato per i prossimi mesi.

Per partecipare all’incontro è necessario iscriversi compilando il modulo online disponibile cliccando sul bottone qui sotto

Per ricevere maggiori informazioni ed effettuare prenotazioni di attività didattiche, educative e di divulgazione scientifica presso i Civici Musei Scientifici di Trieste, potete contattarci telefonicamente al numero (+39) 320 2753277 o via posta elettronica all’indirizzo ecothema@gmail.com 

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Recensione: L’albero intricato, di David Quammen

Le intuizioni inaspettate hanno rimodellato in maniera radicale quel che pensiamo di sapere sulla storia della vita e sulle componenti funzionali degli esseri viventi, compresi noi stessi.” (David Quammen, L’albero intricato)

L’Albero Intricato” è un libro di David Quammen, tradotto e pubblicato in Italia a cura di Adelphi edizioni.

L’argomento principale del testo riguarda la forma concettuale con cui immaginiamo l’evoluzione della vita.

La grande intuizione di Darwin fu di concepire l’evolversi delle specie non come una situazione statica, nè come cammino lineare, ma con una forma ramificata, un “cespuglio” della vita fatto di biforcazioni che corrispondono alla continua nascita di nuove specie nel tempo, e anche all’estinzione di altre.

Risultato immagini per darwin tree of life

Se l’idea di Darwin fu rivoluzionaria e pionieristica nello studio dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta, è ovvio però che nuove scoperte e nuovi paradigmi scientifici non possono che portare a una ridefinizione del nostro modo di concepirla.

Un’evoluzione del modo di concepire l’evoluzione, dunque: con una scelta molto interessante, Quammen sceglie di parlare di questo rinnovamento tramite le vite di scienziati e ricercatori che esplorarono questo campo, portando ciascuno il proprio apporto e i cambiamenti corrispondenti.

Il protagonista principale, forse, è Carl Woese, biologo statunitense noto per aver scoperto un nuovo dominio della vita: gli Archea, organismi unicellulari con caratteristiche uniche, che nell’ottica di Woese erano vicini all’origine stessa della vita.

Ma la forza del libro è di essere una polifonia, un racconto corale che ridefinisce costantemente il campo di studi, che è la vita stessa. Il testo racconta ad esempio di Lynn Margulis, scienziata americana che studiò il fenomeno dell’endosimbiosi; oppure di Ford Doolittle, che studiò il trasferimento genico orizzontale.

Proprio il trasferimento genico orizzontale è il fenomeno che più ha stravolto il modo con cui la scienza concepisce l’evoluzione, e come tale trova ampia risonanza all’interno del libro. Gli organismi non mutano soltanto per linea “verticale”, mutando casualmente il proprio corredo genetico e passandolo alla discendenza; ma c’è un interscambio genetico anche fra specie diverse. Tramite virus e batteri, intere porzioni del DNA passano da una creatura all’altra: da piante a batteri, da questi batteri agli animali, e persino all’essere umano.

L’albero dell’evoluzione, dunque, non è semplicemente ramificato come lo concepiva Darwin, ma è piuttosto un complesso reticolo: forse più simile a una spugna che a un albero.
Si tratta di un cambiamento di concezione che non è facile accettare: una volta che stabiliamo una nostra visione consolidata su un argomento, è difficile stravolgerla e accettarne una nuova. Proprio in questo sta la scelta vincente di Quammen: raccontare questo cambiamento attraverso le vite degli scienziati che l’hanno studiato, ci permette di capire che ognuno porta un proprio cambiamento, ma è anche attaccato alla propria visione, e non accetta di buon grado ulteriori novità.

Oltre all’interessantissimo tema che tratta, dunque, il pregio de “L’albero intricato” è di essere un’inno alla continua ricerca, alla capacità della scienza di mettersi sempre in discussione, anche di abbandonare teorie comprovate e sicure qualora nuove scoperte o nuove intuizioni indichino una via che può portare a conoscenze ancora da svelare.

(Recensione a cura di Gaia Zanin)

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Recensione: Il tempo dei lupi, di Riccardo Rao

Galoppa selvaggia, la paura del lupo per noi, che siamo legati al mondo della natura da un filo ormai esile” (Riccardo Rao, Il tempo dei lupi)

Negli ultimi decenni, la popolazione di lupi nei paesi europei sta tornando ad ampliarsi, dopo aver sfiorato l’estinzione a causa dell’accanita caccia che l’uomo gli ha opposto.
Se gli studiosi naturalisti e i simpatizzanti animalisti se ne rallegrano, c’è anche chi non vede di buon occhio questo ritorno. Allevatori, specialmente di pecore, che vedono minacciato il proprio gregge; cacciatori che temono la competizione di questo formidabile predatore; ma anche la gente comune, preda di un retaggio culturale che ha dipinto il lupo come un mostro quasi diabolico, il nemico fiabesco per antonomasia.

Il tempo dei lupi” è un libro recentemente edito da Utet e scritto da Riccardo Rao, professore di Storia Medievale presso l’Università di Bergamo. L’autore svolge una approfondita ricerca storica sul rapporto, anche immaginale, fra il lupo e l’uomo, tracciandone lo sviluppo attraverso i secoli, e cercando la radice della paura che proviamo verso questo animale. Una paura che spesso si dice atavica, ma che come Rao dimostra è di fatto culturale, nata in tempi relativamente recenti ed alimentata da una specifica concezione del mondo che si è imposta sulla nostra società.

L’origine della oscura fama del lupo è da ricercarsi nell’impianto allegorico dei Vangeli: alla figura della pecora e del gregge, corrispondenti al fedele e alla comunità, si contrapponeva appunto la minaccia lupina, che incarnava le passioni e i peccati – come la lussuria, la gola, l’avidità e l’ira – ma anche l’eresia. Col passare del tempo, la parte metaforica è scivolata in un letteralismo che ha portato a individuare il lupo in carne ed ossa come una minaccia per l’intera civiltà: un pericolo da eliminare ad ogni costo.

L’autore riesce nel delicato compito di coniugare l’esattezza biologica con la complessità del divenire storico. Intanto perchè la società cambia: nel corso del Medioevo si è andata via via affermando un’economia sempre più basata sull’allevamento ovino, ed è chiaro che ciò ha aumentato l’incompatibilità del lupo con gli affari umani. Ma anche il paesaggio cambia: l’avanzata della civiltà corrisponde alla distruzione del bosco, l’habitat d’elezione del lupo. Ciò significa minor spazio e minor fonte di cibo per questo predatore, che si trova così costretto a tentare la sorte e avvicinarsi alle attività umane. E’ anche a causa dell’abbattimento delle grandi foreste, infatti, se il lupo è stato portato a predare animali allevati dall’uomo, e occasionalmente anche attaccare i giovani pastori che li accudivano.
Questo dimostra che anche il lupo, in fin dei conti, cambia con il passare dei secoli: il lupo, secondo Rao, è un animale “culturale”, proprio perchè ha la capacità di adattarsi e modificare il suo comportamento alle circostanze. Un lupo del VI secolo non è lo stesso di un lupo del 2020.
L’idea che un animale possa cambiare nel corso della storia è importante nello studio dell’ecologia e nella ricerca di una convivenza fra l’uomo e la parte più selvatica della natura; un concetto che spesso non trova la giusta risonanza.

Un altro merito del libro è l’approfondita disamina sul ruolo del lupo nel folklore: da Cappuccetto Rosso al lupo di Gubbio, fino a episodi più recenti come quello della bestia di Gévaudan, e della belva che terrorizzò Milano nel 1792. Straordinario, per l’intensità che comunica, è poi il capitolo su Ana Maria, la “pastora di lupi” delle Asturie.
Non si tratta di una ricerca confinata al passato: le idee sottostanti a queste narrazioni folkloriche, tutto sommato, si trovano espresse ancora nei nostri giorni, nelle reazioni popolari e nelle leggende metropolitane collegate all’odierno ritorno dei lupi.
Mai come in questo caso, lo studio della storia è di estrema importanza per comprendere l’attualità.

(Recensione a cura di Gaia Zanin e Francesco Boer)

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Recensione: Storia ed Evoluzione, di Edmund Russell

Abbiamo incoraggiato l’evoluzione di altre specie, le quali a loro volta hanno determinato le sorti della nostra vita“. (Edmund Russel, Storia ed Evoluzione)

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Storia ed Evoluzione è un libro di Edmund Russell, recentemente pubblicato da Bollati Boringhieri.

Lo scopo dichiarato di questo libro è di gettare un ponte fra lo studio scientifico dell’evoluzione e l’approccio umanistico alla storia umana. I due aspetti, infatti, non sono così separati come si ritiene, ma al contrario c’è una fitta rete di relazioni fra i due, che porta a una reciproca influenza sia sulle vicende della società umana, che sull’ambiente in cui viviamo.

L’essere umano gioca un ruolo importante nell’evoluzione delle specie. Un ruolo che a volte è deliberato, mentre in altri casi è inconsapevole.
E’ noto l’esempio della selezione artificiale, che in agricoltura e negli allevamenti ha portato alla modificazione anche considerevole delle caratteristiche di una specie.
Ma non sempre le cose vanno come pianificato. Anzi, a volte l’intervento umano porta a risultati opposti rispetto all’intenzione originaria. Russell porta l’esempio degli elefanti: il bracconaggio per ottenere l’avorio ha favorito l’emergere in sempre maggior numero di individui privi di zanne. Questi infatti non vengono cacciati, e dunque sopravvivono e hanno una maggior probabilità di avere una discendenza con il medesimo carattere.
Una simile dinamica ci tocca molto da vicino per quanto riguarda il controllo di insetti nocivi e batteri: il crescente utilizzo di insetticidi e antibiotici porta alla comparsa di popolazioni sempre più resistenti, ponendo una sfida difficile, una continua rincorsa che non è semplice mantenere.

Non è soltanto l’essere umano a influenzare l’evoluzione delle altre specie; vale anche l’opposto. La modificazione di specie vegetali e animali porta per forza di cose a nuovi sviluppi nella tecnica e di conseguenza nella civiltà e negli usi.
La storia del cotone viene presentata nel testo come emblematica rispetto a questa reciprocità. La selezione artificiale ha portato alla comparsa di varietà di cotone con fibre notevolmente più lunghe rispetto a quelle spontanee. Ciò ha permesso lo sviluppo di macchinari industriali, che invece non funzionavano adeguatamente con fibre di misura ridotta. Questo ha portato dunque a un balzo in avanti nella rivoluzione industriale: ecco come l’intervento umano e l’evoluzione delle specie vengano a formare un circolo retroattivo, influenzandosi e alimentandosi a vicenda.

A chiusura del libro, l’autore riporta una serie di tabelle che indicano diverse forze sociali che hanno plasmato l’evoluzione, e le forze evolutive che hanno influenzato la storia umana. L’augurio di Russell – che ci sentiamo di condividere – chiude degnamente un libro al tempo stesso innovativo, preciso e comprensibile:
La storia ci aiuta a comprendere la complessità umana; la biologia evoluzionistica ci aiuta a capire il modo in cui le popolazioni di organismi coevolvono; insieme, la sintesi di storia e di biologia ci permette di decodificare il mondo intorno a noi meglio di quanto questi due campi non possano fare da soli“.

(Recensione a cura di Gaia Zanin)