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Esplorazioni e scienza al Civico Museo del Mare di Trieste

Domenica 8 dicembre, presso il Civico Museo del Mare di Trieste, si è tenuto l’evento Viaggio dei naturalisti intorno al mondo, un’occasione per esplorare le straordinarie scoperte delle grandi spedizioni marittime che hanno segnato la storia della scienza e dell’umanità.
Marco Paparot, biologo e naturalista, ha accompagnato il pubblico in un viaggio attraverso i secoli, con l’intento di evidenziare i legami tra navigazione, scoperte scientifiche e impatti culturali.

I Fenici e il cedro del Libano
L’evento si è aperto con un tributo ai Fenici, celebri navigatori del Mediterraneo, e al loro utilizzo del cedro del Libano, il cui legno, resistente e profumato, veniva impiegato nella costruzione delle imbarcazioni cruciali per le esplorazioni marittime e i commerci di quel tempo. Paparot ha chiarito la differenza botanica tra il cedro del Libano (Cedrus libani) e il cedro da frutto (Citrus medica). Infatti, il primo, originario del Medio Oriente, appartiene alla famiglia delle Conifere, è maestoso, sempreverde, ha foglie aghiformi, non è edibile perché produce pigne; il secondo, invece, originario dell’Asia meridionale, è un piccolo albero che fa parte degli agrumi, con frutti edibili e foglie ovali.

La navigazione degli Egizi
Successivamente, il focus si è spostato sull’antico Egitto, dove le imbarcazioni fluviali in papiro rappresentavano un mezzo essenziale per il commercio e il trasporto lungo il Nilo. Questi natanti leggeri, costruiti con materiali locali, hanno permesso agli Egizi di sviluppare una civiltà fiorente e una tradizione navale. Esistono ritrovamenti, come la Barca Solare di Cheope, risalente al 2500 a.C., lunga più di 40 metri e rinvenuta accanto alla Grande Piramide di Giza, che dimostrano anche l’utilizzo del legno di cedro per la costruzione delle imbarcazioni da parte di questa importante Civiltà.

Riproduzione nave fenicia esposta al Civico Museo del Mare di Trieste

Le esplorazioni delle Americhe
Un capitolo fondamentale della visita guidata ha riguardato le esplorazioni verso le Americhe, che hanno introdotto in Europa alimenti rivoluzionari come il pomodoro, la patata e il mais. Durante l’evento, si è discusso di come queste piante apparissero nelle loro varietà originali: il pomodoro era giallo, piccolo e acido, la patata irregolare e spesso tossica, mentre il mais aveva spighe molto più ridotte rispetto a quelle odierne. La loro trasformazione nel tempo ha rappresentato un cambiamento epocale per la dieta e l’economia europea.

Lo scorbuto e James Lind
Durante i lunghissimi periodi di viaggio che i navigatori dovevano affrontare, accadeva che molti di loro si indebolissero progressivamente, accusando sintomi come emorragie, irritabilità, perdita di peso, fino, in molti casi, a morire. Questa malattia, chiamata successivamente scorbuto – come ha spiegato Paparot – era causata da una forte carenza di vitamina C poiché, sulle navi, non c’erano a disposizione verdure e frutta fresche. Lo scorbuto venne studiato e combattuto grazie all’opera pionieristica di James Lind, medico scozzese della marina da guerra inglese vissuto nel ‘700, il quale dimostrò l’efficacia degli agrumi nella sua prevenzione. Tale scoperta ha rappresentato una svolta per la medicina e per la sicurezza dei viaggi marittimi.

James Cook e la mappatura del Pacifico
Durante la visita guidata, non poteva mancare un tributo a James Cook, le cui tre spedizioni nell’Oceano Pacifico hanno ampliato enormemente le conoscenze geografiche e scientifiche dell’epoca. Tra i suoi contributi principali, si ricordano la mappatura della Nuova Zelanda e dell’Australia e la scoperta delle Hawaii. Riguardo al contributo dal lato scientifico-naturalistico, si deve ai viaggi di Cook, l’introduzione in Occidente di numerose piante, tra cui l’eucalipto, le cui proprietà antisettiche, balsamiche e anticatarrali hanno visto e vedono tuttora il suo impiego in medicina.

Charles Darwin e la HMS Beagle
Un momento clou è stato dedicato al viaggio dell’HMS Beagle, durante il quale Charles Darwin, allora giovane naturalista presente sul brigantino, per una serie di circostanze, non come naturalista di bordo bensì come accompagnatore del comandante Fitzroy, raccolse le osservazioni che avrebbero portato alla formulazione della teoria dell’evoluzione per selezione naturale. I campioni e i dati raccolti durante questa spedizione hanno segnato, come tutti sappiamo, una pietra miliare nella storia della biologia.

Riproduzione del brigantino HMS Beagle esposta al Civico Museo del Mare di Trieste

John Kirk e le scoperte botaniche
Marco Paparot ha parlato ha dedicato anche un approfondimento al contributo di John Kirk, medico ed esploratore britannico, noto per le sue ricerche in Africa. Tra le sue scoperte più significative, spicca lo studio della pianta Strophanthus hispidus, il cui estratto, utilizzato per veleni da freccia, ha aperto la strada a successivi sviluppi in ambito cardiovascolare.

La Fregata Novara
L’evento si è concluso con il racconto dell’impresa della fregata Novara, la prima nave austriaca a compiere il giro del mondo (1857-1859). Questa spedizione, voluta dall’arciduca Ferdinando Massimiliano, ha contribuito a costruire le collezioni scientifiche della città di Trieste, arricchendo il patrimonio culturale e naturalistico dell’Impero Austro-Ungarico.

La bussola
Rispondendo alle domande e curiosità dei partecipanti, Paparot ha anche parlato di alcuni degli strumenti che nel corso del tempo hanno rivestito un ruolo cardine per il progresso nei viaggi e che sono legati alla botanica. Uno di questi è la bussola il cui termine italiano ‘bussola’ indicava una piccola scatola o contenitore. In origine, la bussola era costituita da un ago magnetico sospeso su un cardine, conservato all’interno di una scatola di legno di bosso, da cui probabilmente prende il nome, per proteggerlo dalle intemperie e dalle vibrazioni. La sua invenzione, attribuita alla Cina, ha trasformato le esplorazioni, rendendo possibili rotte più sicure e precise anche lontano dai riferimenti terrestri.

Per chi non ha potuto partecipare, ci auguriamo che questo articolo, non esaustivo, sia comunque riuscito a trasmettere almeno una parte del fascino e del valore di queste straordinarie esplorazioni, offrendo uno spunto per scoprire e riflettere sulle meraviglie del nostro passato scientifico che grazie al coraggio e all’impegno di chi ci ha preceduto, ha permesso di progredire in tutti i campi.

Nota: L’evento VIAGGIO DEI NATURALISTI INTORNO AL MONDO si inserisce all’interno del progetto F.L.O.R.A. – Fantasia nei Laboratori e negli Orti per il Rispetto dell’Ambiente – curato da Ecothema soc. coop. soc. – che, avviato a ottobre 2024 e finanziato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (Avviso Divulgazione Scientifica approvato con DGR 1673/2023, per l’annualità 2024), prevede anche attività che promuovano la conoscenza e la consapevolezza ambientale nell’educazione dei giovani e nella comunità in generale.

Nella galleria alcuni momenti dell’evento. Tutte le immagini presenti in questo articolo sono a cura dello staff di Ecothema.

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Lo strano coccodrillo preistorico del Villaggio del Pescatore

Il quinto e ultimo appuntamento di Dialoghi di Scienza, presso il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, ha offerto un ennesimo viaggio affascinante nel tempo, focalizzandosi sull’ Acinodonte (Acynodon adriaticus), un coccodrillo preistorico i cui resti sono stati rinvenuti al Villaggio del Pescatore, situato nel Comune di Duino Aurisina, vicino a Trieste. Il geologo Kevin Milocco, relatore dell’incontro, ha illustrato al pubblico le meraviglie di questo sito fossilifero unico.
Il Villaggio del Pescatore, infatti, si è rivelato una miniera di informazioni sul periodo del Cretaceo, mostrando che la biodiversità dell’epoca andava ben oltre i dinosauri – come i famosi Antonio e Bruno conservati nel museo triestino di storia naturale – con una varietà di organismi che offrono spunti per comprendere meglio gli ecosistemi antichi. Tra questi, vi è appunto l’Acynodon adriaticus che si presenta come una specie affascinante, offrendo un punto di vista diverso sulla fauna preistorica europea.
Milocco ha delineato la scoperta e lo studio dell’Acynodon, evidenziando l’unicità di questa specie rispetto ai coccodrilli contemporanei. L’Acinodonte, con le sue dimensioni ridotte e una dentatura peculiare, si distingue per le sue abitudini durofaghe, prediligendo molluschi e crostacei, diversamente dai suoi parenti moderni maggiormente carnivori.

Un momento dell’evento nella Sala Incontri del Museo

Il cenote del Villaggio del Pescatore

Il sito del Villaggio del Pescatore ha fornito non solo ossa ma anche importanti dati geologici e paleoambientali. Milocco ha sottolineato come il luogo sia stato un cenote, ovvero una formazione carsica che ha permesso la conservazione di una ricchezza di fossili unica. Questo ambiente, infatti, collassato e riempito d’acqua milioni di anni fa, ci ha restituito non solo resti di coccodrilli come l’Acinodonte ma anche un quadro dettagliato dell’ecosistema in cui questi organismi dimoravano. Una formazione carsica, quindi, che ha conservato in maniera eccellente i resti degli organismi che vi sono caduti o vi hanno vissuto, creando una capsula del tempo naturale risalente al tardo Cretaceo. Questi studi non solo arricchiscono la comprensione della paleobiodiversità ma aprono anche nuove domande sulla vita di questi organismi. Il lavoro minuzioso di stratigrafia, classificazione e interpretazione permette di aprire una finestra su un mondo perduto, offrendo spunti cruciali per la comprensione dell’evoluzione della vita sulla Terra. L’Acinodonte rappresenta un tassello fondamentale in questo intricato puzzle, simbolo della diversità e complessità della vita milioni di anni fa.

Il geologo Milocco descrive il reperto di Acinodonte conservato al Museo

Un’eredità di conoscenza

L’evento al Museo di Storia Naturale di Trieste ha rappresentato un’importante occasione di condivisione e scoperta, evidenziando come il passato, quando indagato con curiosità e rigore scientifico, continua a offrire spunti inesauribili di conoscenza. La scoperta dell’Acinodonte nel sito del Villaggio del Pescatore ci ricorda quanto sia cruciale preservare e studiare i nostri tesori paleontologici, veri e propri ponti verso epoche remote che ancora hanno molto da raccontare.
Kevin Milocco ha anche sottolineato, al pubblico presente, l’unicità del Museo di Storia Naturale di Trieste, che si distingue per la capacità di esporre reperti paleontologici locali. A differenza di altri musei, che spesso presentano reperti acquistati o ricostruiti, il museo triestino offre reperti non solo autentici ma anche provenienti dal proprio territorio, una rarità in Europa e nel mondo.

Reperto di Acinodonte conservato al museo e sua descrizione

Articolo e immagini a cura dello Staff di Ecothema

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Neanderthal: un altro aspetto della nostra umanità

Al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, il quarto appuntamento di Dialoghi di Scienza, svoltosi il 6 marzo 2024, ha illuminato un capitolo affascinante della nostra evoluzione. “Neanderthal: un altro aspetto della nostra umanità”, presentato dall’antropologa Alice Testa, ha permesso ai partecipanti di immergersi nelle storie degli antichi Neanderthal, sfatando miti e aprendo una finestra su un’epoca remota e sulla nostra comune eredità umana.

La scoperta e l’identificazione dei Neanderthal

Come ci ha raccontato la relatrice Testa, l’avventura della nostra comprensione dei Neanderthal inizia nel lontano 1856, nella valle di Neander, in Germania, dove i resti di una calotta cranica, rinvenuti da alcuni operai durante l’estrazione di calcare, hanno provocato stupore e confusione, dato l’aspetto insolito e le caratteristiche distintive, come l’arco sopraccigliare pronunciato. Il cammino verso la corretta identificazione dell’Homo neanderthalensis (Neander dal luogo del ritrovamento e tal dalla parola tedesca che vuol dire valle) è stato influenzato dal contesto scientifico e culturale dell’epoca, segnato dalla pubblicazione dell'”Origine delle specie” di Darwin. La determinazione dello studioso irlandese William King di classificare questi resti come una specie distinta, Homo neanderthalensis appunto, evidenzia un passaggio critico nel nostro modo di interpretare la diversità umana preistorica.

La cultura e lo stile di vita dei Neanderthal

Gli studi sulla cultura musteriana(*), caratterizzata dall’uso di strumenti in pietra finemente lavorati, rivelano un livello di sofisticazione tecnica e sociale dei Neanderthal. L’analisi degli strumenti litici, in particolare, ci offre uno sguardo sulla quotidianità di queste popolazioni, dimostrando capacità di adattamento, apprendimento e trasmissione di conoscenze all’interno dei gruppi. Scoperte come l’utilizzo di colla da bitume per realizzare strumenti compositi o l’ipotetica decorazione del corpo con penne di uccelli e conchiglie rafforzano l’idea di una società neanderthaliana complessa, capace di espressioni culturali e simboliche.

Le scoperte più recenti: una nuova immagine emerge

Le ricerche più recenti hanno trasformato radicalmente la nostra visione dei Neanderthal. Ad esempio, alcuni ritrovamenti hanno rilevato pratiche di sepoltura complesse e alcuni individui sepolti presentavano disabilità o malattie, suggerendo che all’interno dei gruppi Neanderthal vi fosse un sostegno sociale per i soggetti più vulnerabili. Questo comportamento riflette un senso di comunità e una capacità empatica, smentendo la visione dei Neanderthal come esseri primitivi e isolati.
Attraverso l’analisi genetica, è stato scoperto che i Neanderthal avevano prevalentemente la pelle chiara e i capelli rossi, e che esiste un’ibridazione tra Neanderthal e Homo sapiens: una parte di DNA Neanderthal è presente nelle popolazioni umane moderne, si stima fino al 4% del genoma nelle persone fuori dall’Africa.

Il rapporto con Homo sapiens e l’estinzione dei Neanderthal

L’interazione tra Neanderthal e Homo sapiens, come abbiamo visto sostenuta dalla genetica, illustra un panorama evolutivo intricato. Il processo di ibridazione suggerisce un contatto significativo, contraddicendo la visione di una competizione diretta e continua tra le specie.
L’estinzione dei Neanderthal rimane quindi un argomento di intensa speculazione e studio. L’integrazione, piuttosto che la semplice sostituzione da parte degli Homo sapiens, getta luce su un processo evolutivo che è stato tutto fuorché lineare. La dinamica tra competizione, coesistenza e ibridazione ha modellato il corso dell’evoluzione umana in modi che stiamo ancora cercando di comprendere pienamente. I Neanderthal rappresentano quindi una parte cruciale della nostra storia collettiva. Il loro studio ci permette di esplorare le radici della nostra esistenza e di riflettere sulla nostra identità come specie. Con ogni nuovo ritrovamento e ricerca, la narrazione dei Neanderthal si arricchisce, invitandoci a rivalutare la nostra comprensione del passato umano.

Prossimo appuntamento

Il quinto e ultimo appuntamento con Dialoghi di Scienza, previsto per il 27 marzo 2024, ci porterà a scoprire “Lo strano coccodrillo preistorico del Villaggio del Pescatore”. Guidati dal geologo Kevin Milocco, ci immergeremo nel misterioso mondo del Villaggio del Pescatore, dove, oltre ai celebri dinosauri Antonio e Bruno, viveva l’Acinodonte, un insolito coccodrillo preistorico. Attraverso i fossili rinvenuti, esploreremo la sua vita, la sua alimentazione e il suo ruolo nell’ecosistema del Cretaceo, svelando le tecniche paleontologiche che permettono di ricostruire le storie delle specie estinte.
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(*) Denominazione (derivata da un sito francese ➔ Le Moustier) con la quale si intendono gli aspetti preistorici del Paleolitico medio, di età riss-würmiana (80.000 anni fa) e würmiana (37-35.000 anni fa), diffusi in Europa e, in parte, in Africa e in Asia. In Europa e nel Vicino Oriente il termine è utilizzato per designare le industrie litiche prodotte dai Neandertaliani e dai Protocromagnonoidi, caratterizzate essenzialmente da tecnica di scheggiatura (levalloisiana e non-levalloisiana), da oggetti in osso e corno e da raschiatoi ricavati dai gusci di conchiglia (nei giacimenti costieri della penisola italiana).
Fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/musteriano/

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Tra Evoluzione e Biodiversità: da Darwin a oggi

Il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste ha ospitato il terzo appuntamento di Dialoghi di Scienza, il ciclo di incontri partito in novembre 2023 e che tratta varie sfaccettature del mondo naturale attraverso le voci di esperti biologi, antropologi, naturalisti, geologi. “Tra evoluzione e biodiversità: da Darwin a oggi”, tenutosi lo scorso mercoledì 7 febbraio, ha offerto un’immersione nelle dinamiche evolutive che hanno plasmato la vita sulla Terra.
A parlarne è stato Marco Paparot, biologo, naturalista ed esperto in evoluzione, che ha guidato il pubblico in un percorso esplorativo, partendo dalle prime intuizioni di scienziati solitari fino ad arrivare alle teorie evolutive moderne di figure come Stephen Jay Gould. Questo incontro è stato programmato in prossimità del Darwin Day, che ricorre il 12 febbraio, celebrando così anticipatamente l’anniversario della nascita di Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione per selezione naturale.
Tra i vari aspetti stimolanti dell’incontro, è sicuramente da menzionare l’approccio critico nei confronti dei luoghi comuni sull’evoluzione, come la mal interpretata “legge del più forte”. Paparot ha chiarito come l’evoluzione non sia un processo lineare e non necessariamente crudele, ma piuttosto un intreccio di adattamenti, strategie di sopravvivenza e collaborazioni, che insieme vanno a comporre il complesso mosaico della biodiversità.

La Neotenia

Uno dei concetti affrontati è stato quello di neotenia che, nel contesto della biologia evolutiva, si riferisce al fenomeno per il quale, in un organismo adulto, tratti giovanili possono essere conservati perché vantaggiosi anche nella fase adulta, dimostrando la flessibilità e l’ingegnosità dell’evoluzione. La neotenia può essere osservata in diversi gruppi di organismi, dagli invertebrati ai vertebrati, e può influenzare sia la morfologia (aspetto esterno) sia il comportamento. Tra gli esempi di neotenia troviamo l’axolotl (Ambystoma mexicanum), una specie di salamandra che mantiene le sue branchie esterne e altre caratteristiche larvali per tutta la vita. Questo le consente di vivere in acqua per tutta la sua esistenza, senza quasi mai sottoporsi alla metamorfosi in una forma terrestre adulta, come invece fanno molte altre salamandre. Un esempio locale di neotenia è costituito dal Proteus anguineus delle acque carsiche sotterranee. Anche noi esseri umani siamo considerati un esempio di neotenia. Caratteristiche come una grande testa in proporzione al corpo, faccia piatta, e riduzione della peluria corporea sono tutte considerate manifestazioni di neotenia e questi tratti neotenici possono aver contribuito a favorire l’evoluzione del cervello umano e la capacità di partecipare a complesse interazioni sociali.

Fossili di transizione: ponti tra mondi

Altro tema di rilievo è stato quello dei fossili di transizione, testimoni inconfutabili dei percorsi evolutivi che collegano specie antiche a quelle moderne. L’Archaeopteryx e l’Ambulocetus sono stati presentati come ponti tra mondi viventi diversi, illustrando la fluidità e la complessità dell’evoluzione.
L’ Archaeopteryx, infatti, è considerato uno dei fossili di transizione più famosi. Esso collega i dinosauri non aviani agli uccelli. Vissuto circa 150 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia dei dinosauri (denti affilati, lunga coda ossea, artigli) sia degli uccelli moderni (piume, strutture ossee che suggeriscono la capacità di volare) e fornisce un esempio di come gli uccelli possano essere evoluti dai dinosauri teropodi.
L’ Ambulocetus, conosciuto come la “balena che cammina”, è invece un esempio di transizione tra mammiferi terrestri ancestrali e cetacei moderni (balene, delfini). Vissuto circa 50 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia di mammiferi terrestri (arti capaci di sostenere il suo peso sulla terra) sia di cetacei moderni (adattamenti per la vita acquatica, come arti posteriori ridotti e una struttura del corpo idrodinamica). Esso evidenzia la transizione evolutiva da mammiferi terrestri a mammiferi marini completamente acquatici.
Non è assolutamente da dimenticare l’Australopithecus afarensis, uno dei più noti possibili antenati umani come la famosa Lucy, che mostra caratteristiche di transizione tra antichi primati non umani e generi successivi, come il genere Homo. Vissuto circa 3,2 milioni di anni fa, aveva caratteristiche sia dei primati non umani (dimensioni cerebrali più piccole, facce pronunciate) sia degli umani moderni (bipedismo, alcuni adattamenti nel bacino e nelle gambe per camminare eretti) e aiuta a tracciare l’evoluzione del bipedismo e di altre caratteristiche umane distintive.

Un momento della visita al Gabinetto Scientifico

Exaptation: la seconda vita delle caratteristiche

Durante la visita al Gabinetto Scientifico e alla Wuderkammer del Museo, i partecipanti hanno potuto scoprire l’exaptation, concetto introdotto dai paleontologi Stephen Jay Gould ed Elisabeth Vrba nel 1982. Si tratta del processo per cui caratteristiche sviluppate per una funzione vengono riadattate per nuovi usi, mostrando come la natura sia abilissima a “riciclare” e innovare. Tra gli esempi, citati da Paparot, rientrano le piume degli uccelli. Si pensa che in origine le piume si siano evolute nei dinosauri con funzione di termoregolazione o per il corteggiamento, e che successivamente, siano state exaptate per il volo negli uccelli. Le piume conservano ancora le loro funzioni originali, ma ora sono anche strumentali per il volo, offrendo isolamento e capacità aerodinamiche. Altro esempio citato è stato quello della conchiglia dei molluschi, inizialmente come adattamento per la difesa dai predatori e successivamente utilizzata per colonizzare l’ambiente terrestre in quanto si è rivelata utile per evitare la perdita d’acqua.

Relatore e pubblico in visita alla Wunderkammer

Prossimo incontro

Sempre presso la Sala Incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, avrà luogo il prossimo appuntamento di Dialoghi di Scienza. Previsto per mercoledì 6 marzo 2024, promette di essere altrettanto interessante e stimolante. “Neanderthal: un altro aspetto della nostra umanità”, presentato dall’antropologa Alice Testa, esplorerà la storia e le misconcezioni legate a questi nostri “fratelli” evolutivi, offrendo un’occasione per avvicinarsi ai reperti neanderthaliani conservati nel Museo.
Gli appuntamenti di Dialoghi di Scienza non sono solo un’opportunità di apprendimento, sono anche un momento di riflessione sulla nostra posizione nel tessuto della vita. In un’epoca in cui la biodiversità è sotto pressione, comprendere l’evoluzione significa anche riconoscere il valore e la fragilità del nostro mondo naturale.

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Alla scoperta delle origini dell’uomo

Lo scorso mercoledì 29 novembre pomeriggio, al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, ha avuto inizio il ciclo di appuntamenti “Dialoghi di Scienza” con il primo incontro dal titolo “Alla scoperta delle origini dell’uomo”.

La Sala Incontri del Museo è stata quindi teatro di un viaggio affascinante attraverso il tempo, un’immersione nelle profondità della nostra storia evolutiva. “Cosa sappiamo sull’evoluzione umana e cosa invece non sappiamo?” è la domanda che ha fatto da filo conduttore per il tema portante di questo evento.

Il biologo Marco Paparot, relatore dell’incontro, ha guidato il pubblico attraverso i meandri della paleoantropologia, rendendo comprensibili concetti che spesso rimangono confinati nei testi accademici.

Tra i vari momenti dell’incontro, sicuramente il racconto della storia del famoso Uomo di Piltdown è uno di quelli che ha colpito il pubblico; un esempio eclatante di frode scientifica. Nel Sussex, in Gran Bretagna, tra il 1912 e il 1914, venne annunciato il ritrovamento di presunti resti di un ominide dal cranio grande e dalla mandibola simile a quella di una scimmia. All’epoca venne spacciata come la scoperta dell'”anello mancante” nella storia dell’evoluzione umana. Solo nel 1953, si riuscì a scoprire che si trattava di un inganno poiché il fossile era stato in realtà creato assemblando i resti di un uomo e di un orango.

Un momento dell’incontro

Anche la figura di Lucy, l’Australopithecus afarensis, ritrovata in Etiopia nel novembre del 1974, ha rappresentato un altro punto focale della presentazione. Lucy, con i suoi oltre 3 milioni di anni, continua a essere una delle scoperte più significative, ma non risolutive, per comprendere l’evoluzione umana. La discussione sulle sue ossa e sul significato della sua struttura fisica ha fornito spunti di riflessione sulla nostra posizione eretta e sulla locomozione bipede, caratteristiche distintive della nostra evoluzione. Si tratta di uno dei fossili più completi trovati di un antenato umano, composto da 52 ossa, inclusi arti, mandibola, frammenti del cranio, costole, vertebre e il bacino, che rivelò il sesso femminile del soggetto. Si racconta che il nome “Lucy” fu scelto dai paleoantropologi, ispirati dalla canzone “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles, ascoltata frequentemente nel loro accampamento.

La Mandibola di Lonche

Oltre alla ricca presentazione, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di esplorare la sala ominidi, osservando da vicino reperti come la mandibola di Lonche, che non solo parla di millenni di storia, ma che ancora oggi continua a svelare segreti sorprendenti. Scoperta nel 1911 da Giuseppe Müller, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste dal 1928 al 1945, in una piccola caverna presso Lonche (oggi Loka, in Istria settentrionale, Slovenia), questa mandibola rappresenta un importante legame con il nostro passato evolutivo ed è testimonianza delle sorprendenti capacità mediche dei nostri antenati. La rivelazione della presenza di cera d’api nel canino della mandibola come forma di “otturazione” ha lasciato il pubblico affascinato, mostrando come i nostri antenati fossero molto più avanzati di quanto spesso si tenda a credere.

Dopo questa interessante apertura di ‘Dialoghi di Scienza’, siamo già pronti a immergerci nel prossimo affascinante capitolo. Vi invitiamo quindi a unirvi a noi mercoledì 10 gennaio 2024, dalle 17:30 alle 18:30, per il secondo appuntamento dal titolo ‘Le farfalle tra mare e Carso’, con il giornalista scientifico Eugenio Melotti come relatore.

In questo incontro, ci addentreremo nel colorato mondo delle farfalle, esplorando la loro biodiversità e il ruolo vitale che svolgono negli ecosistemi del mare e del Carso. Eugenio Melotti, con la sua esperienza e passione per la scienza, ci guiderà attraverso le storie uniche e le sfide ambientali che queste creature affrontano.

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Com’è andata la prima conferenza sui dinosauri

Un dinosaurico grazie a tutti i partecipanti alla conferenza del 23 luglio! 🦖🦕🦖🦕
Ci ha fatto davvero piacere vedere l’interesse con cui ci avete seguito, e la vostra passione nelle domande finali 😊

L'immagine può contenere: 2 persone, il seguente testo "Una lrsmricotrzd Stegosaurus,diA Tobin (1884) GaiaZanin I primi fossili di stegosauro furono scoperti da Othniel Charles Marsh nel 1877 in Colorado."

Era la prima conferenza online che organizzavamo, ma anche dal punto di vista tecnologico è filato tutto liscio! A metà conferenza è arrivato persino un temporale estivo di quelli belli forti, e il pensiero che un fulmine potesse causare un blackout o far cadere la linea ci ha messo un po’ di strizza… ma nemmeno i tuoni sono riusciti a fermare i dinosauri!

Vi ricordiamo che il prossimo giovedì (30 luglio) ci sarà la seconda conferenza online dedicata ai dinosauri carnivori. Potrete seguirla anche se non avete partecipato alla prima…

Trovate tutte le informazioni su come iscriversi al link http://ecothema.org/product/conferenza-i-dinosauri-come-non-li-avete-mai-visti-parte-2-carnivori/

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“I dinosauri come non li avete mai visti” – conferenze

Come si immaginavano i dinosauri, quando sono stati rinvenuti i primi fossili? E come sono cambiati nel corso del tempo, grazie alle nuove scoperte e alle innovazioni scientifiche?

Abbiamo deciso di organizzare due conferenze online sulla piattaforma ZOOM. Il 23 luglio si parlerà dei dinosauri erbivori, mentre il 30 luglio sarà la volta dei carnivori. L’ inizio è alle ore 18:00, la durata è di circa un’ora e mezza.
Il costo per la partecipazione è di 6 € a serata. Si può anche scegliere di partecipare soltanto a uno degli appuntamenti.

I primi scopritori di fossili di dinosauri si trovarono di fronte a un vero e proprio enigma. I resti erano pochi e sparsi ed era davvero difficile immaginare come doveva esser stata la bestia a cui appartenevano. Per ricostruirla, non restava che usare la fantasia.
Dall’incontro fra scienza e immaginazione è nata così una nuova disciplina: la paleoarte.
Vi mostreremo i quadri dei più famosi pittori di paleoarte dei secoli scorsi. Sono veri e propri capolavori di creatività e talento: laddove mancavano le prove scientifiche arrivava l’immaginazione e l’arte.
Andremo avanti nel tempo fino ad arrivare al “rinascimento dei dinosauri” degli anni ’80, quando nuovi fossili e nuove scoperte stravolsero l’immagine dei dinosauri: da quel momento non vennero più dipinti come grossi e stupidi lucertoloni, ma come belve feroci. In linea con le mode del tempo, i colori si fecero sgargianti, quasi fluo, con pose a volte bizzarre e divertenti.
Da Jurassic Park in poi, si apre una nuova era nell’immaginario dei dinosauri. Un’epoca fatta di altre fantastiche scoperte, di computer grafica e nuove tecniche di illustrazione. Ma è ai nostri giorni che possiamo assistere a una vera e propria rivoluzione: le ultime scoperte di fossili ci svelano che molti dinosauri avevano addirittura le piume!

Trovate tutte le informazioni per acquistare l’ingresso al link https://ecothema.org/conferenze/